Victor è un romanzo incompiuto di Henri-Pierre Roché, autore settuagenario dei romanzi autobiografici Jules e Jim e Le due Inglesi e il Continente da cui François Truffaut ha tratto gli omonimi film.
Il manoscritto è composto da due taccuini e rappresenta un prezioso documento sull’artista e amico di Roché: Marcel Duchamp, chiamato Victor. Duchamp, anche se con qualche anno in più di Roché, faceva parte di quella generazione maturata dopo gli anni della Grande Guerra e che voleva “vivere velocemente”, perché la velocità era all’ordine del giorno. Roché collezionava amori brevi, ma con passione, così come collezionava i quadri.
Il Dongiovannismo di Roché è quello dell’uomo che non ha mai tempo, ma che ha tutto il tempo per sé stesso. La conclusione che egli dedica ad un saggio scritto su Marcel Duchamp è infatti: “l’uso del suo tempo è stato la sua opera più bella”.
Le ultime pagine di Victor trattano di un’etica sessuale applicata alla vita di Duchamp ma anche a quella dello stesso Roché: uomini eremiti, asceti, che hanno posseduto tutto senza avere nulla.
Le relazioni tra i personaggi di Victor, che si svolgono in un gioco di triangoli erotici, ricordano molte situazioni di Jules e Jim e de Le due Inglesi e il Continente. I dialoghi sono di una franchezza assoluta che sfiora il limite tra cinismo ed innocenza. Tra le note del manoscritto Roché scrive: “Fatto anormale, alla base del libro: la franchezza di Pierre e dei tre (Alice, Geneviève, Victor). I quattro o cinque eroi cercano, trovano, hanno una morale a loro propria. Essi la espongono, senza teoria, con dettagli concreti”.
Tu dovrai scegliere. O la libertà e il rischio. O il cosiddetto diritto cammino, altro rischio, ed i figli. L’amore vi forma. Gli amori sono anche amore. Bisogna scegliere con la propria testa. Si può cadere facilmente. E’ una parte vergine di pezzi di solitudine.
L’amore senza freno si svuota e diventa nero. Troppi amori fanno male come troppi whiskies.
Trovare la qualità. Distruggere l’indulgenza in sé e nell’altro. E la leggenda. Sbucciare la realtà. Ne resta sempre abbastanza.
L’amore: un’ascesi. La sua soppressione: un’altra ascesi. Cosa bisogna essere? Puramente sé stessi, senza mescolanze, senza colla, propri.
Restare sé stessi amando. Non traslocare nell’altro. Un diamante può dormire con uno smeraldo. Si risvegliano diamante e smeraldo, non confettura di diamante e smeraldo.
Non bisogna vivere troppo a lungo insieme. Bisogna sapersi lasciare per potersi ritrovare. Non bisogna mangiare l’altro, né voler essere mangiati. Non lo si digerisce.
Lasciarsi scorrere con la razza, verso il domani? Investire sé stessi in figli? Non si è più “disinteressati”. E’ un’altra vocazione, come un altro versante.
(tratto da Victor (Marcel Duchamp), di Henri-Pierre Roché. Ed. Centre National d’Art et de Culture Georges Pompidou, 1977)
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