Magazine Diario personale
Siamo sempre nella zonadell'università, e una serie di quelli che sono visibilmente deirampolli della Pisa-bene devono aver appena sostenuti esami dilaurea. Accompagnati a donne (mamme?, sorelle?, amanti dei padri?)opulentemente appariscenti in tailleur, tacchi a spillo, gioiellid'oro e messe in piega perfette a incorniciate visi al botulino,escono dall'ennesimo palazzo della facoltà suddetta e si incamminanonella mia medesima direzione.
La sottoscritta si prende tempo permantenere le distanze e poter continuare in pace a perdersi trasuoni, particolari visivi e odori – e nota una piccola scritta chesi ripete qui e là sul muro come fosse il decoro d'una tappezzeria:“Fuck Austerity” recita, con tanto di stella e saettadell'autogestione. Un messaggio che nella mia vita ho superato credointorno al 12 anni. Sorrido e vado oltre.
La meta, o meglio 'una' meta, dellagiornata è vicina: una strada pedonale su un lato della quales'aprono i dehor di caffè che propongono menu turistici a prezziimproponibili m'indica che ci siamo. E in effetti arrivo e vedo i tremonumenti in questione: nell'ordine, da sinistra a destra,battistero, campanile e torre.
Strana sensazione: ho studiato questiedifici alle medie, e l'isterica che ci insegnava disegno ci feceogni genere di manfrina sui decori delle porte. Poi, alle superiori,rimanemmo bloccati due settimane dalla nuova isterica docente distoria dell'arte sullo stile architettonico, sulle colonne, e sututti i vari orpelli e decorazioni.E ora io, in questo istante, nonricordo più nulla – vuoto assoluto - mentre mi trovo asorprendermi – con una certa delusione – nel verificare che nellamia mente la distanza spaziale tra i monumenti era ben più ampia:ciascuno di questi aveva spazio per esprimersi per bene, mentre quili trovo accostati uno vicino all'altro, a soffocarsi reciprocamente.
Si può provare pietà per loro perchénon hanno spazio per 'respirare'? E perché sento le cose comefossero vive? In ogni caso, è ciò che sto provando, e questasensazione occupa metà della mia mente.
L'altra metà della mia attenzione èrivolta ai turisti – un'antropologa, sono proprio un'antropologa!Un coro di “kawai” e “gorgeous” mi circonda, per non parlaredel fatto che nell'arco di 30 secondi in cui ho guardato i monumentiin questione sarò stata immortalata almeno in – realisticamente –su per giù 500 fotografie.E qui invece ricordo tutto: tutti itesti sul perché il turista fotografa compulsivamente, sul perchétra i vari turisti i giapponesi siano tra tutti ancora piùcompulsivi, sull'estetica diversa nelle diverse culture per cui iricordini dalle città d'arte italiane che noi troviamo orripilantiin realtà siano così apprezzati dagli americani e via dicendo. E miviene in mente Duccio Canestrini e la sua ricerca sul souvenir chequi trova solo conferme, una dopo l'altra, con stand a perditad'occhio, come a perdita d'occhio sono i turisti che li affollano –bulimici di ricordi.E un'ultima immagine, quella delmercato del bestiame come ritratto in Africa centrale negli anni '70da Ivo Strecker,dove le dimensioni dell'ultimo bue, in lontananza, eranonell'immagine di grandezza pari a una formica.Ecco, questa la percezione dei mieiocchi, nel pieno di questo ordinatissimo – 'normato' – casino.
Mi allontano – sono certa che purepagassi l'ingresso o mi avvicinassi ai monumenti, la mia idea dipiacere è ormai troppo distante e diversa dal farmi incantare ancorada questi, per quanto sono sempre incantata quando vedo simmetrie,geometrie e colonnati. Ma credo che questo sia dovuto alla ricerca diregolarità da parte della mia mente e a un' attitudine tecnica cheho troppo trascurato nella vita, e che ora penso avrei dovutomaggiormente soddisfare.
Proseguo la camminata tornando pianopiano verso il centro e poi la stazione, in un movimento in cui nonintendo ripercorrere però le strade precedenti e quindi, a occhio,mi oriento nella direzione che mi interessa attraverso percorsinuovi.Oltrepasso convitti cattolicivisibilmente pacificanti, e lo faccio cristonando sul perché laChiesa debba avere tante ricchezze e squallidamente fingere diprendersi cura dei bisognosi – un impero finanziario costruitoinfingardamente sulla pelle dei più fragili - cui basterebbe fareuna bella occupazione accompagnata a espropri per risolvere buonaparte dei problemi del mondo.
“Esproprio proletario” – imparaiquest'espressione durante l'occupazione all'università, ormai piùdi vent'anni orsono, quando parimenti sviluppai un malcelato disagionei confronti del pensiero comunista, per quando vi riconoscessi ilpositivo della solidarietà sociale. E mentre ricordo, davanti agliocchi una scritta su un muro visualizza esattamente il pensiero cheho nella mente:
Pisani, non avete carte e penna voi?Ché continuate a scrivere sui muri! Non che non ve ne siano anchealtrove, di scritte su muri/monumenti/ecc., ma qui – dove hoevitato di fotografarne già parecchie e mi sono concentrata solo suquelle che ho ritenuto più interessanti – è una cosa continua,quasi fosse proprio una specifica prassi di comunicazione tra voi!
No, non ce l'avete.Pure i manifesti programmatici eindicazioni chiare e precise alla cittadinanza vi ci scrivete. Bene,evidentemente funziona.
(continua...)
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