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"Histoire(s) du cinéma"

Creato il 11 luglio 2010 da Pickpocket83
    Qualche giorno fa ho acquistato i DVD della “Histoire (s) du cinema” di Godard, pubblicati dalla Cineteca di Bologna. Mi trovavo in una libreria a Firenze, in via dei Cerretani. Ho comprato quel cofanetto da 19 euro completamente “al buio”, ignaro di cosa si potesse celare dentro un titolo tanto impegnativo e dietro un autore tanto ingombrante. Scrivo questo post nel momento del guado, durante l’attraversamento che separa la visione del primo DVD da quella del secondo: a dominare è una bella sensazione di smarrimento, figlia della quasi totale assenza di riferimenti attraverso cui potersi rapportare con questa visione. La “storia del cinema” di Godard si compone di 4 episodi, divisi ognuno in 2 parti, dalla durata variabile, e strutturati secondo la più libera (e complessa) delle associazioni testuali. Ripercorrere la storia del cinema ricostruendone un’altra (personale), per Godard, è un atto che trova nel montaggio il suo momento più importante e decisivo. Del resto, se la Storia per come siamo abituati a studiarla sui libri, non è che un Montaggio di eventi, che ne include alcuni e ne esclude altri, una Storia del Cinema non può prescindere da una selezione e giustapposizione di frammenti ritenuti in qualche modo e per qualche ragione rilevanti. Fotografie, fotogrammi, dipinti, ralenty, sovraimpressioni, voci-off, colonne sonore, dissolvenze, scampoli di film emersi dal buio. “Non un’arte, né una tecnica: un mistero”. E’ lì, alle radici di quel mistero, che Godard opera la sua ricerca del tempo (del cinema) perduto. E di un cinema nazionale (Europeo, in primis) che, sul finire del XX secolo si interroga sulla sua natura, sul suo destino e sulla sua persistenza. La storia, le storie. Fin dal titolo Godard insinua il plurale dentro al singolare, la Grande Storia del Cinema universale dentro la Piccola Storia del Cinema di ogni spettatore. Tutte le storie raccontate prima della nascita del cinema dalla musica, dalla pittura, dalla poesia e dai romanzi, ricapitolate e trasfigurate dalla luce di una proiezione. Da Irving Thalberg ad Howard Hughes, da Glauber Rocha ad Orson Welles, da Vincent Minnelli a Buster Keaton. Attraverso JLG, i suoi occhiali, la sua voce, la sua macchina da scrivere e il fumo densissimo del suo sigaro.

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