cortesia National Film Preservation Foundation New Zealand Film
Venerdì 7 ottobre 2011 alle ore 20.30, al Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone (clicca: MAPPA), The White Shadow (1923), di Graham Cutts, con Alfred Hitchcock assistente alla regia, sceneggiatore, scenografo e montatore. Ci preme segnalare un autentico evento, che pensiamo travalichi i confini tra le arti. A ottobre Pordenone diventa la capitale del cinema muto. Studiosi e appassionati, rappresentanti di cineteche e musei arrivano da ogni parte per seguire le Giornate del Cinema Muto, inserite da Variety fra i 50 migliori festival al mondo. Dirette dallo storico inglese David Robinson e dedicate esclusivamente ai film realizzati prima dell’avvento del sonoro, al Teatro Comunale Giuseppe Verdi. Accanto ai grandi eventi celebrativi, il programma propone molte rarità e nuove scoperte. Prima fra tutte, a chiudere le Giornate, The White Shadow.
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cortesia National Film Preservation Foundation New Zealand Film
Produzione britannica riemersa pochi mesi fa nel New Zealand Film Archive grazie al certosino lavoro di indagine di Leslie Ann Lewis e dei conservatori Kurt Otzen e Louise McCrone. Del film sopravvivono i primi tre rulli su un totale di sei. Se ne è parlato molto in questi mesi come del “film perduto di Hitchcock”. Che poi a firmarlo sia stato un altro regista britannico affermato, Graham Cutts, e che Hitchcock si sia occupato di molto – è accreditato come assistente alla regia, art director, montatore e sceneggiatore – ma non della regia, per il pubblico di oggi appare un fatto secondario. Perché di lì ad alcuni anni il ventiquattrenne Hitch avrebbe superato di gran lunga il maestro apprestandosi a diventare uno dei più geniali registi della storia del cinema.
Sopravvissuto grazie al proiezionista neozelandese e appassionato collezionista del primo cinema Jack Murtagh, aggiunge un tassello fondamentale per gli studiosi dell’opera di Alfred Hitchcock, offrendo l’opportunità di seguire i suoi primi significativi passi nel cinema e di studiare le sue idee visive e narrative mentre cominciavano a prendere forma. La proiezione di Pordenone è una prima internazionale, un regalo che il New Zealand Film Archive e la statunitense National Film Preservation Foundation, che nella stessa serata riceveranno il Premio Jean Mitry, hanno voluto fare al festival e al suo pubblico. The White Shadow, melodramma passionale dalle atmosfere molto cariche che vede protagonista la diva americana superpagata Betty Compson nel doppio ruolo di due sorelle gemelle, una angelica e l’altra diabolica, è la seconda di due produzioni, gemelle a loro volta (stessa star, stesso produttore, autore, cameraman, staff, scenografo, studio…) della neonata società di Michael Balcon, Victor Saville e dell’uomo d’affari John Freedman. Il primo film, Woman to Woman, basato su una pièce del drammaturgo inglese Michael Morton e tuttora considerato perduto, era stato un grande successo, che non si ripeté per The White Shadow, di cui i critici lodarono tuttavia la recitazione e la “brillantezza della produzione”.
La giornata cinematografica di venerdì 7 ottobre offre altri importanti appuntamenti con la sezione dedicata – nel 150enario dell’Unità d’Italia – al cinema nazionale, che vede oggi protagoniste Eleonora Duse, Francesca Bertini e Pina Menichelli. A partire dalle 10.30 sono in programma Cenere (1917) e Maddalena Ferat (1921) di Febo Mari. Il primo, tratto da un romanzo di Grazia Deledda sul tema del “figlio della colpa” è l’unica prestazione data al cinema, a 58 anni, da Eleonora Duse che, come scrive Gian Piero Brunetta, “illumina le sequenze in cui appare di una forza interiore, di una potenza tragica che pone distanze incomparabili rispetto al gesto drammatico e melodrammatico delle grandi dive dell’epoca”. La copia 35mm a colori (virata) è stata restaurata dalla Cineteca del Friuli in collaborazione con la George Eastman House di Rochester e la Cineteca Sarda. Maddalena Ferat, dal romanzo di Zola, è la cronaca di un “amour fou”, con una Francesca Bertini al culmine della sua carriera divistica. Febo Mari riesce comunque a controllarne la recitazione e il film è uno dei migliori nella filmografia di Mari e della Bertini di quello scorcio degli anni Venti. Nonostante la copia attuale presenti alcune lacune, il racconto è avvincente e si apprezzano la fotografia ricca di effetti luministici e coloristici, il montaggio, l’uso puntuale dei primi piani e la recitazione degli attori. Protagonista della serata, dalle 22.30, è un’altra diva, Pina Menichelli, che ritroviamo ancora sconosciuta nella divertente comica Cines Una tragedia al cinematografo (1913) e già affermata, nel film di Gero Zambuto, di cinque anni posteriore, La moglie di Claudio (1918). Tratto dal romanzo di Alexandre Dumas figlio, la narrazione si sviluppa sul doppio binario del genere avventuroso e del dramma psicologico e passionale. A dominare incontrastata, ancora una volta, sono il corpo e le smorfie della Menichelli, che esibisce una varietà di toilettes sofisticate e si fa riprendere in pose ora languide, ora apertamente erotiche. Il film ha anche un suo valore testimoniale, nel suo essere specchio del clima morale e civile all’epoca dominante in Italia e in Europa, con gli accenni al tramonto dei valori tradizionali (la famiglia, la patria), conseguenza indiretta delle atrocità della guerra ancora in corso, e la volontà di potenza di non meglio identificati ma spietati gruppi di banchieri e industriali che agiscono nell’ombra. La copia presentata è stata restaurata dal Museo Nazionale del Cinema di Torino e dalla Cineteca di Bologna a partire da una copia positiva nitrato della Lobster Films di Parigi.Info: www.giornatedelcinemamuto.it / [email protected]
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