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“Ho sposato un comunista” – Philip Roth

Creato il 15 gennaio 2012 da Temperamente

“Ho sposato un comunista” – Philip RothHo sposato un comunista, un libro di voci che si raccontano ad altre voci che ascoltano e raccontano a loro volta. Nathan Zuckerman, alter ego di Philip Roth, protagonista di ben sei suoi romanzi e voce narrante anche in  Pastorale Americana e La macchia umana, ascolta la storia di Ira Ringold, detto Iron Rinn, (=uomo di ferro), dalla bocca e dai ricordi di suo fratello Murray Ringold, ex professore del liceo di Nathan.

Ai ricordi di uno si mischiano le parole e i ricordi dell’altro, il narratore, amico e ammiratore dell’uomo di ferro, e a questi si scontrano quelli di Eve Frame, moglie di Ira, che sul marito ha scritto un libro: “Ho sposato un comunista”. No, non è vero: qualcuno l’ha scritto per lei, usando altre parole per lei su di lui… E di tutte quelle parole dette, narrate e ascoltate, che passano di bocca in bocca, Iron Rinn dovrà pagare e scontare: il comunista, negli anni del maccartismo acuto, perde il lavoro, gli amici, naturalmente la moglie e anche l’amante, viene espulso dal sindacato e rischia di perdere anche la testa e la ragione…

In gossip we trust. L’America che ascolta la radio e inizia ad accendere la tv, l’America che parla e che crede, l’America che non perdona le accuse e dimentica le persone. In questo libro in cui la vita di un uomo, già incasinata e pericolante di per sè, riceve il colpo di grazia a causa della denuncia contenuta nel finto libro autobiografico della moglie, Philip Roth mostra come le ideologie, le teorie, proprio le parole – di cui lui stesso, come scrittore, si serve e vive – sono il mezzo di distruzione di massa della grande nazione americana. La parola è il vangelo, il Verbo di Dio ma anche dei suoi uomini, la parola che incrimina, incastra e intrappola, come nel buio periodo del maccartismo.

Ma la parola è anche il mezzo: quella con cui Iron Rinn affascina e intriga le persone (i lavoratori che fa iscrivere al sindacato, la bella attrice Eve Frame che si innamora di lui, il giovane Nathan Zuckerman, che lo stima da quando lo incontra), ed è quella che permette a Murray di narrare la sua storia, intera e reale, a Nathan. Ormai vecchi ed entrambi soli, per giorni si raccontano la storia del fratello comunista, sommando le rimembranze, nonostante sia quasi sempre Murray a parlare e Nathan ad ascoltare e incollare i vari pezzi. “Il libro della mia vita è un libro di voci. Quando mi chiedo come sono arrivato dove sono, la risposta mi sorprende: ascoltando”: questa è la spontanea confessione di Nathan, che ha ascoltato il padre, poi il professore, poi l’attore radiofonico, poi l’universitario, poi tutte le altre persone che ha incontrato, rendendole personaggi dei suoi libri o dei suoi programmi, ricreando altre storie da quelle parole. Cassa di risonanza e specchio dell’autore, Nathan ha un compito borgesiano, rappresenta quell’eterno racconto degli esseri umani, che attrraverso leggende, tradizioni e miti, fanno la storia collettiva come quella personale.

Philip Roth, premio Pulitzer e caposaldo della letteratura contemporanea, si fonde e distribuisce in modo polimorfo nei suoi personaggi, non solo in Zuckerman, ma anche nel rosso Ira Ringold: come lui, ha avuto per moglie un’attrice, Claire Bloom, che ha scritto un libro non edificante sulla sua vita con lui dopo la separazione (“Ovvia”, direbbe Murray Ringold). Taluni critici hanno storto il naso per questa somiglianza con il romanzo, mentre credo che anche questo autobiografismo ci avvicini alla questione che l’intero libro pone: “Chi sei tu?”

“Ho sposato un comunista” – Philip Roth
Philip Roth e Claire Bloom

Azzurra Scattarella

Philip Roth, Ho sposato un comunista, Einaudi, 1998


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