Che la morte sia un argomento di difficile trattazione non è un mistero. Che da essa nasca addirittura l’idea di un museo è un fatto curioso. «L’abbiamo creato per educare le persone alla morte, che nel nostro paese è un argomento tabù, di cui non si può e non si deve parlare» mi dice il ragazzo che mi accoglie all’ingresso. Il museo si trova a Hollywood, direttamente su Hollywood Boulevard, il cosiddetto “boulevard of broken dreams”, quelli di chi non riesce a realizzare i suoi sogni di gloria, a pochi passi dall’incrocio con Vine Street. L’edificio è piccolo, ma pieno zeppo di foto e oggetti, disposti per temi.
Gli Stati Uniti hanno la “fortuna” di avere una lunga e nota tradizione in fatto di serial killer, personaggi dal fascino malato che riempiono le pagine dei giornali. A loro è dedicata la prima saletta a cui si accede. Se poi questi assassini intrattengono folte corrispondenze dal carcere o, addirittura, si dedicano all’arte, la faccenda si fa interessante. Ecco allora spiccare sulla parete rossa i ritratti di Pogo il clown realizzati direttamente dalla mano di John Wayne Gacy, soprannominato Killer Clown, famoso per aver rapito, torturato, sodomizzato e ucciso 33 vittime, molte delle quali ritrovate nel suo scantinato o sepolte sotto alla sua abitazione. In mostra anche numerose lettere di Richard Ramirez, Ottis Toole e, addirittura, di Charles Manson, tutte indirizzate a Kathie e J.D. Healy, fondatori del museo.
Si prosegue la visita in una sala interamente dedicata alla pena di morte, in cui svetta una vecchia sedia elettrica e la divisa di un condannato a morte giustiziato su quella stessa sedia. E tutto intorno foto storiche, provenienti soprattutto da scenari di guerra, in cui le esecuzioni sono protagoniste indiscusse. Fucilazioni, decapitazioni, impiccagioni, sono tanti i modi in cui si può giustiziare un condannato o un prigioniero, e qui non ne manca nessuno. Di grande interesse anche i vecchi giornali che parlano di questi episodi, e che costituiscono il leitmotiv di tutto il percorso di visita.
Una grande stanza è dedicata alla sepoltura, con bare di ogni genere, per grandi e piccini, strumenti da autopsia, seghe, seghetti, pomate, pozioni, e sulla parete una grande collezione di ventagli di carta. La cosa, ovviamente, mi ha incuriosita, e il gestore mi ha spiegato che i ventagli erano lo strumento pubblicitario preferito dalle agenzie funebri in California. I funerali si svolgevano all’aperto, spesso al caldo e sotto il sole, quindi si forniva un servizio per rinfrescare un minimo i partecipanti alla funzione e in più si pubblicizzava la propria azienda. Interessante, una cosa che non avevo mai sentito…
Los Angeles è una città che ha avuto molti cadaveri eccellenti, volti noti grazie all’industria cinematografica, come Marilyn Monroe, di cui sono esposte le immagini del tavolo da autopsia. E ancora, parlando di personaggi illustri, si arriva a JFK, ucciso a Dallas nel 1963, ritratto in immagini mai viste in cui si mostra il corpo disteso e senza vita. Di fronte alla morte siamo tutti uguali, sembra voler affermare, non importa che tu sia una diva del cinema o un personaggio politico. Sul “Muro dei suicidi” le immagini, tra gli altri, della morte di Kurt Cobain, ma anche del suicidio di massa di Heaven’s Gate, avvenuto a San Diego nel 1997.
Di grande impatto le immagini in bianco e nero di Black Dahlia, uno degli omicidi irrisolti più noti del mondo, avvenuto proprio a Los Angeles. Il 15 gennaio del 1946 il cadavere smembrato e orribilmente mutilato di Elizabeth Ann Short fu ritrovato da una passante. Non si seppe mai chi uccise la ragazza, lasciandole sul viso il cosiddetto glasgow smile, un taglio profondo da orecchio a orecchio passando per la bocca, un ghigno orrendo e mortale. Le foto raccontano tutto con dovizia di particolari ma senza spettacolarizzazioni.
Ampio spazio è dedicato anche al massacro perpetrato dalla Family di Charles Manson contro Sharon Tate, moglie di Roman Polansky incinta di otto mesi, e altri amici che in quel momento si trovavano nella villa della coppia. In mostra le immagini della strage all’interno della dimora, dei corpi senza vita, delle stanze imbrattate di sangue, e una coperta patchwork utilizzata nella sede della comune di Manson. Oltre, ovviamente, a tutta la documentazione sul caso (riviste, immagini, video). La casa del massacro, situata al 10050 di Cielo Drive, fu abitata per un periodo da Trent Reznor dei Nine Inch Nails, che qui creò anche lo studio di registrazione Pig (stessa parola che gli adepti di Manson scrissero col sangue sulle pareti). In seguito fu abbattuta, e con essa la sua triste e lugubre storia.
E poi ancora immagini di incidenti, gli stermini di massa di Hitler, il culto della morte del cantante punk GG Allin, teschi e ossa, anche animali, e immagini provenienti dai luoghi del mondo in cui la morte è protagonista, come la Cripta dei Cappuccini di Palermo.
Si esce dal museo con una strana sensazione addosso, con un senso di inquietudine che non ti abbandona, con la consapevolezza che la morte è ovunque, ed è inutile nasconderlo.
di Elisa BozziGiornalista e storica dell’arte, collabora con numerose testate giornalistiche e si occupa di comunicazione istituzionale. È curatrice di mostre d’arte contemporanea e fotografia. Tra i progetti più recenti la stagione C/Arte presso la libreria Bookbank di Piacenza, che ospita artisti del panorama nazionale e non solo, e la partecipazione al Festival Puccini di Torre del Lago. Ama viaggiare ed è innamorata della Città degli Angeli, dove torna appena possibile.
Elisa ha anche un blog, che siete invitati a visitare cliccando qui
Info:
Museum of Death
6031 Hollywood Blvd, Hollywood
Ingresso a pagamento (15 $), ma il parcheggio è gratuito!
Aperto dalla domenica al lunedì, dalle 10 alle 20; e il sabato dalle 10 alle 22
Tel. (323) 4668011