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HOLY GRAIL – Times Of Pride And Peril

Creato il 23 marzo 2016 da Cicciorusso

Holy-Grail-Times-Of-Pride-And-PerilMah. Il precedente Ride The Void mi era piaciuto parecchio, questo qui molto, molto meno. Diciamo che la casa discografica ha selezionato bene i brani per i quali realizzare i lyric video (avete presente, no? Quei video fatti in computer grafica coi testi della canzone a schermo e qualche sequenza animata d’accompagnamento o, alla peggio, immagini a caso della copertina del disco. Vanno molto di moda oggidì, costano assai meno di un video propriamente detto e alcuni sono anche carini). Ebbé certo, è il mestiere loro –  direte voi – però non era neanche così difficile, considerando che i pezzi più carucci del disco saranno un due/tre. A ‘sto punto potevano evitare direttamente di pubblicarlo senza manco spenderci soldi.

Poi leggendo i crediti mi accorgo che il cd è stato prodotto da tal John Spiker, già produttore di Tenacious D (mej coglioni) e qualcun altro di tendenzialmente famoso. Bella roba, considerato che, per quanto mi riguarda, il prodotto finito suona peggio di quello prima. E’ un  po’ come succedeva per i famigerati Skylark, cioè i dischi suonavano di merda, qualcuno glielo diceva, loro prima negavano, poi nicchiavano, poi mezzo ammettevano, e alla fine si facevano masterizzare i dischi da George Marino, dischi che poi finivano per suonare comunque di merda. Qualcuno magari avrà da obiettare che la produzione era forse il problema minore dei lavori degli Skylark ed io sono perfettamente d’accordo, mica no, ma questo per dire che seppure ti affidi ad un tizio tanto per il nome rischi che la sòla poi la pigli in ogni caso se non stai attento, fatta salva l’ovvietà che se tu mandi un mix che già suona di merda per farlo masterizzare da qualcuno di famoso non è che poi da questo qualcuno puoi aspettarti miracoli, a meno che non si chiami Gesù Cristo ed abbia anche una fiorente attività di vinaio in un mulino ad acqua all’uopo riconvertito.

Tornando un attimo a Times Of Pride And Peril, non è che sia suonato male ma è moscio e la produzione un po’ opaca, specie per le chitarre, non aiuta certo. Poi sì, come detto ci sono due o tre bei pezzi, tipo Descent Into Malestrom (secondo me la migliore in assoluto, che vi allego a pié d’articolo), No more Heroes e Pro Patria Mori. Il resto però non si salva. Pretenziosa la lunga Black Lotus posta in chiusura, con pure un tentativo di growl da parte del cantante, il bravissimo James Paul Luna, che fa un po’ ridere ed alla fine rappresenta la classica ciliegina sulla torta di un cd che potevano tranquillamente evitare di dare alle stampe. Speriamo nel prossimo, dai. (Cesare Carrozzi)



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