ROMA – Vincitore morale dello scorso festival di Cannes e vincitore incontrastato del festival di Torino. E’ il film “Holy Motors”, di Leox Carax. Un film che è tra i più amati e celebrati da una certa critica e più attesi da un certo pubblico. E proprio per questa incertezza, perché è un film che si ama o si odia, rischiavamo di non vederlo in Italia, ma che arriverà solo grazie ad alcune piccole case di distribuzione. Nessuno era infatti disposto ad accollarsi il rischio di un’opera cosiddetta difficile, in cui la vita e l’opera del regista stesso si fondono e si riflettono come mai accaduto prima.
“Holy Motors” è la summa di tutti i film che il regista avrebbe voluto girare. Tanti quanti sono gli appuntamenti – gli episodi – che il protagonista Monsieur Oscar ha in una giornata di lavoro che svolge all’interno di una limousine bianca per le strade di Parigi guidata dalla bionda e fedele Celine. Ma chi è Oscar? Dentro la macchina un camerino teatrale in piena regola con il tipico specchio con le lampadine, trucco e parrucco. Entra ed esce, e una volta è un industriale, poi un mendicante, un assassino, un padre di famiglia, persino un mostro con un nomen omen appropriato, Monsieur Merde al fianco di una Eva Mendes per nulla scandalizzata.
Intorno all’idea basica di far interpretare al protagonista più personaggi il film si trasforma in una straordinaria riflessione sulla realtà che viene mostrata, sulle maschere che ogni individuo indossa proprio come quelle, incredibili e camaleontiche, di Denis Lavant, l’attore feticcio del regista. Già dall’inizio ci domandiamo che cosa abbiamo di fronte: sogno, realtà, fantasia, cinema verità?