C’è un problema a monte che riguarda Home Movie (2008) e tutti gli altri film ad esso equivalenti.
E tale problema è che un mockumentary, senza generalizzare: vale per tutti, batte prepotentemente il tasto della Realtà. La ricerca di una presa effettiva in questo senso e di un testo aderente al vivere reale (il quale comunque deve fare sempre i conti con le esigenze cinematografiche), danno luogo, tirando le somme, ad un risultato che se non è l’esatto contrario poco ci manca, di quel che si voleva ottenere. Si imputa principalmente a questi falsi documentari l’uso improprio del mezzo, del veicolo con il quale ci viene trasmessa la storia: la cinepresa. Sempre una videocamera che si pone come unica fonte di conoscenza visiva per gli spettatori, ciò comporta una marea di forzature le quali scortecciano di realismo il fusto narrativo che alla fine mostra il suo nudo tronco, tanto esile quanto irreale.
Ma questi ragionamenti hanno già trovato casa altrove su Oltre il fondo, sicché per evitare di ripetere che non sempre iuvant e spesso annoiant, si tenterà di metterli da parte per concentrarci sull’opera prima e finora ultima del solitamente attore Christopher Denham.
Beh, non è che ci sia molto da concentrarsi, la pellicola propone ingredienti già visti in altre ricette serviti però attraverso questo canale pseudo-documentaristico.
Quello che vediamo è inizialmente uno sterile, per non dire irritante, quadretto famigliare americano. Il piede sull’acceleratore della tensione viene pigiato piano piano con segnali da sbadiglio (animaletti ammazzati, l’estromissione dei genitori dalla casa), fino a quando si palesa il nocciolo dell’opera: un film sul male (eh…) che prende le fattezze di Jack ed Emily, i figli della coppia.
L’unico risvolto, a parer mio, degno di nota è la scelta di creare due argini antitetici nei quali scorre un fiume luciferino. La madre psichiatra è la scienza, il padre pastore luterano è la religione. Ma né delle pillole, né un esorcismo riescono a contenere l’esondazione diabolica.
Tutto quel poco di altro che c’è – la durata non arriva neanche a 80 minuti – si barcamena tra cosette che più o meno vanno (l’atmosfera, l’assenza di spiegazioni-smi) e altre che proprio ma proprio no (davvero dobbiamo credere a due ragazzini capaci di seviziare i genitori adulti?!?).
Alla fine il vero orrore sembra essere soltanto l’imbecillità del padre, il resto è pressoché zero.