Dopo quattro anni di guerra civile un accordo tra al-Assad e ribelli riporta Homs, la “roccaforte della rivoluzione”, interamente sotto il controllo governativo.
Ormai più di quattro anni fa scoppiavano nei maggiori centri urbani della Siria, nel contesto delle Primavere Arabe, le prime proteste di massa rivolte contro il regime di Bashar al-Assad. Tra il marzo e il maggio del 2011 il dilagare delle manifestazioni in tutto il Paese, da Dar’a a Latakia, da Damasco ad Aleppo, da Idlib a Homs, trovo la dura risposta repressiva dell’esercito centrale. Da quel momento a nulla valsero i tentativi del dittatore per venire incontro alle richieste dei rivoluzionari, e lo scontro si trasformò nella guerra civile senza quartiere che oggi conosciamo. Quattro anni di conflitto armato hanno ridotto la sommossa popolare per la democrazia a puro pretesto sfruttato da attori regionali per il proprio tornaconto e a terreno di coltura ideale per le rivendicazioni di gruppi jihadisti (Stato Islamico in testa).
Dimostrazioni di piazza nella Homs pre-conflitto. Photo credit: Taras Kalapun via Foter.com / CC BY
La situazione di anarchico stallo in cui versa il Paese a partire da quelle proteste (così lontane da far sbiadire nel tempo motivazioni e ragioni di schieramenti ormai ridotti all’ombra di quello che erano ed impegnati nella guerra del tutti contro tutti) ha reso prive di significato espressioni come “rivoluzione democratica”, “ribelli moderati”, “lotta per la libertà e i diritti”, tanto da rendere una non-notizia la riconquista governativa di Homs, un tempo la “roccaforte” della rivoluzione che non c’è più. La città, 800mila abitanti prima del conflitto, è ridotta ad un cumulo di macerie ed è ora sotto completo controllo governativo, dopo che un accordo tra le parti ha prodotto un “cessate il fuoco” che permetterà l’evacuazione pacifica dei ribelli (stimati in 3mila unità) dal quartiere di Waer, ultimo bastione dei ribelli in città. Come previsto dall’accordo il governo toglierà il blocco agli approvvigionamenti alimentari del quartiere e libererà 35 prigionieri.
Le immagini che giungono da Homs parlano di una città che ora tenta di tornare alla normalità, per quanto reso possibile dalle circostanze di una guerra infinita per la sopravvivenza. Per le strade la gente torna a lavorare e a sperare in un futuro migliore per la città e per il Paese. Resta da vedere se il “modello Homs” potrà essere replicato per alleviare le sofferenze della popolazione di altri centri urbani assediati, in cui i civili sono da anni sottoposti alla quotidiana mattanza della guerra per bande.
di Andrea SEVERINA
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