Di Gabriella Maddaloni. Scade stamane l’ultimatum che le autorità cinesi hanno dato agli studenti che nell’ultima settimana sono scesi a protestare a Hong Kong per chiedere libere e democratiche elezioni contro il governo in carica.
Ieri alcuni capi della protesta hanno acconsentito a rimuovere posti di blocco e barricate in determinate zone commerciali, per permettere agli impiegati di accedere ai loro uffici e lavorare. Altri manifestanti si sono invece accalcati dinanzi al palazzo del governo e in altri luoghi in cui è incentrata maggiormente la contestazione pubblica.
Fonti mediche locali informano che ieri mattina, durante gli scontri tra protestanti e “anti-occupy” nei quartieri di Causeway Bay e Mong Kok, 165 persone sono rimaste ferite. Ciò che ha scatenato l’ondata di protesta negli ultimi giorni è stato il rifiuto, da parte dell’attuale governo, di consentire nel 2017 delle elezioni democratiche e ad ampio raggio. Le autorità pretenderebbero infatti di imporre una rosa di pochi candidati scelti da un apposito comitato.
Ma i cinesi, o almeno buona parte di essi, non ci stanno più. Ed esigono una democrazia vera, che permetta al popolo di prendere personalmente le decisioni che riguardano la politica del Paese.