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Hotline Miami: telefono caldo con la morte

Creato il 17 febbraio 2014 da Macfordummies @MacforDummies

C’è un ricordo nitido che torna ogni tanto nella mia memoria di videogiocatore, a più riprese, quando meno te lo aspetti, quasi come uno spirito malvagio che ti sussurra all’orecchio di compiere azioni di malvagità pura, fino a portarti alle soglie della pazzia: visuale dall’alto, a volo d’uccello, un gruppetto di “runners” che corre con fare ordinato, in fila indiana, lungo il marciapiede. La mia auto percorre tranquillamente il viale, metto un po’ di musica nell’autoradio e all’improvviso sterzo con fare brusco, salgo sul marciapiede sino quasi a frantumare i miei ammortizzatori e investo tutti gli adepti del jogging, lasciando alle mie spalle solo un’altrettanta ordinata fila di pozze di sangue. Così. Senza un perché. Fine della storia.

 

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Così/senza un perché/fine della storia è anche il motore alla base di Hotline Miami che, non a caso, rende omaggio indirettamente ai primi episodi della saga di Grand Theft Auto – quelli con visuale dall’alto, appunto – dai quali è poi tratto il mio malato ricordo. Ancor di più del titolo Rockstar Games, tuttavia, questa produzione indipendente firmata Dennaton attinge a piene mani ai concetti di violenza e crudeltà: il telefono squilla, dall’altro capo del filo una voce commissiona un omicidio, s’indossa una maschera e si parte. A massacrare tutti. Sfasciando teste a mazzate, crivellando corpi con una mitragliatrice, squartando con una katana o disintegrando nemici con colpi di lanciarazzi nelle gengive: tutto quello che rimane sono cadaveri, morte, budella e tanto di quel sangue da stare male.

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Hotline Miami è un’iperbole che porta a uno stato febbrile, spingendo a perpetrare tanta cruenza una volta di più, sino a che non si riesce a portare a termine il livello: la differenza di potenziale tra il protagonista e le sue vittime è abissale, il carnefice è una macchina da guerra armata di tutto punto ma basta una pallottola o una mazzata sul cranio per porre fine alla sua vita. Una situazione che porta ad affrontare il livello da capo, sino a quando i movimenti fra una pallottola e l’altra non assumono i veli di una danza della morte frenetica e allucinata, tra una grafica in pieno stile da “acidi Anni ‘80” e una colonna sonora adrenalinica, che comincia a pompare bassi a tutto volume non appena si maciulla la prima feccia.

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Terminato il livello, Hotline Miami restituisce un punteggio tanto più alto in base al metodo adottato nel portare morte. Il gioco spinge ad ammazzare con stile, premia donando armi ancora più sadiche e una serie di maschere che, se indossate, portano diversi benefici: indossando una maschera da Lassie, per esempio, e i cani non si cureranno della nostra presenza, mettendone una con fattezze scimmiesche permetterà di rubare a stretto contatto l’arma del nemico.

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In mezzo a tutta questa carneficina appaiono brevi sequenze narrative confuse, allucinate come un trip da LSD, che non offrono nessuna risposta e nessun contesto alle azioni del protagonista ma, anzi, contribuiscono solo ad aumentare quel senso di inquietudine che giunge prima di ogni massacro. Hotline Miami non ha domande e non ha risposte. Solo violenza. Tanta da stare male se siete deboli di stomaco o uomini di sani principi. E’ un gioco trasgressivo, come forse lo stesso Grand Theft Auto non è più da tempo, manca forse di profondità, indubbio, e non è un campione di longevità… tuttavia è magnetico, allucinante, quasi tossico per i 8,49 € chiesti da Steam per iniziare il download: anche in questo, il titolo creato da Dennaton non giunge a compromessi.

Hotline Miami è un titolo intellettualmente onesto, quasi dal valore iconico se vogliamo: il vezzo del killer, quello di indossare una maschera per compiere i suoi massacri, pare infatti un attacco nemmeno troppo velato a quei giochi che tentano di mettere in piedi un pretesto per giustificare le proprie nefandezze. Qui non ci sono cattivi che si redimono o mogli e figli da vendicare, nessuna maschera d’ipocrisia da indossare. Qui si ammazza. Fine della storia.


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