Houston Rockets: “Riusciranno i nostri eroi”?

Creato il 02 giugno 2014 da Basketcaffe @basketcaffe

L’estate passata, con i suoi camp estivi e le sue chiacchiere da bar, li aveva incoronati re del mercato estivo, e legittimamente o meno gli Houston Rockets di James Harden e Dwight Howard avevano in fretta guadagnato le prime posizioni nelle griglie che tentavano di disegnare la nuova fisionomia della Western Conference.

Eppure dopo tanti proclami per ritrovare il nome della franchigia texana occorre scendere fino al primo turno di Playoffs, lì dove i Portland Trail Blazers hanno conquistato le semifinali a danno di Harden e soci.

Come è spiegabile uno scivolone tanto evidente?
Chi ricorda il vecchio discorso della chimica di squadra, fondamentale molto più del “collezionare figurine di grandi campioni” che poi non sanno giocare coralmente ha in tasca già il 33% della risposta alla domanda su citata. Per arrivare all’altro 66% basta riavvolgere il nastro degli ultimi istanti di gara-6 contro Portland, ed osservare come l’ala grande Rockets, Terrence Jones preferisca chiudere la linea di passaggio verso LaMarcus Aldridge (marcato sottocanestro da Howard) piuttosto che difendere su Lillard in ricezione dopo un doppio blocco a suo favore. La storia di quella partita dirà che il glaciale sophomore dei Blazers infilerà il canestro della vittoria, ma la pessima lettura difensiva di Houston ha fatto tutta la differenza del mondo.
E se tale episodio non è abbastanza eloquente circa i problemi difensivi di Houston, allora si può citofonare a casa Aldridge e chiedere che tipo di trattamento difensivo ha ricevuto nelle prime due gare della serie, concluse con due “trascurabili” prestazioni da 46 e 43 punti.

Infine il terzo fattore che ha inciso negativamente sull’esperienza playoffs di Houston è consultabile dalle statistiche offensive dei principali interpreti del gioco Rockets, rispetto a quanto prodotto durante la regular season:

REGULAR SEASON:

PLAYOFFS:

Confrontando i dati delle due tabelle si può osservare come il rendimento in campo di Howard sia aumentato notevolmente, mentre appare evidente la flessione negativa di James Harden, che pur registrando una media punti più elevata rispetto alla regular season ha prodotto percentuali di tiro peggiori che hanno finito per pesare come un macigno nella testa dell’ex Thunder.

Ora che le vacanze sono alle porte ed il mercato inizierà tra breve a muovere i primi passi è lecito chiedersi se è il caso di aggiungere altro a questo agglomerato di talento. Radio mercato parla di un interessamento di Houston per l’ala grande di Minnesota Kevin Love. Fermo restando che il suo stipendio di 15.7M$ non è gestibile se non attraverso operazioni in uscita (per alleggerire il salary cap di Houston ingolfato da ben 72M$ complessivi) occorre tenere a mente due cose molto importanti:

  1. Minnesota sa bene che il prossimo anno perderà K-Love a causa della player option prevista nel contratto e non lo cederà in cambio di noccioline, e ciò potrebbe richiedere dei grossi sacrifici ai Rockets privandosi di validi giocatori più scelte future.
  2. La player option di Love rappresenta un grosso rischio per i Rockets che potrebbero smontare una squadra per poi perdere il losangelino un anno più tardi.

Accantonando quindi le chiacchiere di mercato, la via meno rischiosa verso la gloria del titolo NBA passa per il duro lavoro in palestra, quello svolto tutti insieme per creare un’identità di squadra che sappia lavorare coralmente, sia in attacco che in difesa.
In caso di dubbi sul metodo, si può sempre chiedere lumi ai cugini di San Antonio, ammesso che rispondano.


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