La più grande delle lune di Giove si chiama Ganimede ed è una delle cosiddette lune medicee, come volle definirle il loro scopritore, Galileo Galilei. Ganimede è anche l’unica luna che ha un proprio campo magnetico, che produce, in stretta relazione con il campo magnetico di Giove, aurore ai suoi poli.
Grazie ad esse ma soprattutto grazie alla versatilità oltre che alla capacità del più famoso telescopio spaziale al mondo, l’Hubble Space Telescope, gli uomini della NASA hanno confermato l’ipotesi che Ganimede nasconda nel sottosuolo un oceano d’acqua ben più vasto degli oceani terrestri messi insieme.
«Questa scoperta segna una tappa significativa ed evidenzia le potenzialità di Hubble», ha dichiarato John Grunsfeld, amministratore aggiunto del Science Mission Directorate della NASA. «Nei suoi 25 anni di orbita, Hubble ha fatto molte scoperte scientifiche nel nostro sistema solare. Un oceano in profondità sotto la crosta ghiacciata di Ganimede apre ulteriori possibilità interessanti per la vita oltre la Terra».
Infatti, identificare l’acqua liquida è cruciale nella ricerca di mondi abitabili oltre la Terra e per la ricerca di vita, come noi la conosciamo.
Come abbiamo detto il campo magnetico di Ganimede è in relazione con quello di Giove e quando quest’ultimo cambia provoca un’oscillazione delle aurore sulla luna, una sorta di dondolio. Grazie a Hubble è stato possibile studiare questa oscillazione per conoscere meglio l’interno di questo satellite gioviano.
«Mi sono sempre chiesto come si possa usare un telescopio in altri modi», ha detto Joachim Saur dell’Università di Colonia. «C’è un modo si potrebbe usare un telescopio per guardare all’interno di un corpo planetario? Poi ho pensato, le aurore! Perché le aurore sono controllati dal campo magnetico, se le si osserva in modo appropriato, si impara qualcosa sul campo magnetico. Se si conosce il campo magnetico, poi si sa qualcosa circa l’interno della luna».
Se fosse stato presente un oceano di acqua salata, il campo magnetico di Giove avrebbe creato un campo magnetico secondario nell’oceano che avrebbe contrastato quello del pianeta gassoso. Questo “attrito magnetico” avrebbe dovuto rallentare il dondolio delle aurore. E in effetti questo presunto oceano sotterraneo “combatte” il campo magnetico gioviano così fortemente da ridurre il dondolio delle aurore a 2 gradi, invece dei 6 gradi stimati in assenza di questo oceano sotterraneo.
Gli scienziati stimano che il mare sia spesso 100 chilometri e si trovi sotto 150 chilometri di crosta, soprattutto ghiaccio. Di fatto questo risultato appare confermare un’ipotesi esistente già dal 1970, poi ribadita grazie alla sonda Galileo della NASA che ha misurato il campo magnetico di Ganimede nel 2002.
Fonte: Media INAF | Scritto da Francesco Rea