Fabio, Elia, Matteo, Pietro, Nik, Caki
Esistono pesci mitologici, pesci che si nascondono negli angoli bui della nostra fantasia come predatori in agguato nella notte.
Ognuno di noi pescatori ha i suoi demoni, chi insegue caparbiamente il gigante di una specie, chi alterna avidi inseguimenti a specie diverse; ad ogni modo in questo continuo cacciare siamo sempre noi le prede della nostra passione. La storia di oggi è l’ennesima storia di una caccia al pesce mitologico, dove alla fine la cattura è secondaria e l’essere in pesca è l’essenziale.
Hucho on Sana River
Nessuno mi toglie dalla testa che alcuni pesci siano più affascinanti di altri così come alcuni modi di pescare lo sono più di altri. In acqua dolce esiste una creatura, un grande salmonide, ammantato di mistero che con il suo fascino ci ha stregato… vive nei Balcani, coi suoi grandi occhi dal fondo del fiume ha visto tante guerre e tanti orrori passare sopra di sé e le ferite dei più recenti strazi sono ancora lì da vedere per il pescatore sulle sponde, ma l’hucho e il pescatore oggi conoscono anche la generosità ed i gesti gentili, pieni di umanità, di un popolo ricco di cultura e tradizione che ancora vive una terra non deturpata dall’industria e da un’eccessiva urbanizzazione.
Un proverbio dice “Gli Hucho e le streghe esistono solo nelle fiabe”. Dell’Hucho si dice: “One thousand cast fish”… il pesce dai mille lanci.
Dicono sia parente stretto dei grandi Taimen di Mongolia e Siberia, ma è più schivo di loro a farsi fotografare sulle copertine delle riviste, preferisce l’anonimato dei grandi fiumi di Bosnia, Serbia, Montenegro; molti di loro, spesso imbastarditi dall’uomo pescatore avido, si trovano anche in Slovenia, Austria e Germania.
Hucho Hucho, questo il pesce che ancora una volta, dopo le mirabolanti avventure degli anni passati, siamo andati a cercare. Rigorosamente 100% selvatico, rifuggendo con disprezzo quelle riserve slovene o austriache che allevano ed immettono esemplari adulti di questo fiero combattente! Siamo andati nel profondo delle valli balcaniche a diffondere e far apprezzare la cultura del Catch and Release consapevole… ehm… a patto di prenderne uno!
La durezza della sfida è chiara a tutti i partecipanti, prenderli non è scontato e l’esperienza della Serie A in Serbia è stata di insegnamento, come se non bastasse il rischio del cappotto c’è anche la paura di un grande freddo ed il logorante utilizzo di attrezzatura pesante… grandi canne e grandi mulinelli per essere pronti a ferrate sontuose e combattimenti con mostri giganti in forti correnti.
canne da hucho e guadino da hucho
Questa spedizione aveva un motivatore determinato come nessuno nella storia a prendere un hucho, lui ha voluto fortissimamente questo viaggio, lui ha suonato la carica… lui, la sera prima della partenza, alle 7.27 pm ha dovuto dire: <Non posso venire… causa di lavoro inderogabile>. Oltre gli improperi… uno scempio così è solo dolore, un’infamia di cui si è macchiato il già vituperato mondo del lavoro italiano, maledetti matusa, maledetto governo, sistema malato… <Vendetta! Vendetta amico e fratello di A! Te la prometto fino all’ultimo lancio!>
Con questo grido forte in testa e una morsa nello stomaco ho preparato le armi la sera e mi sono messo in auto all’alba. I miei compagni di viaggio li ho trovati pronti: Matteo, amico di Anonima da anni e di essa discepolo nella pesca alla trota; Elia la giovane promessa del Sesia già ammesso in tenera età alla scuola del sommo Savio (la terza dopo Nanto e Hokuto); Fabietto, il temuto ed eclettico pescatore novarese capace di sorprendere ogni specie con ogni tecnica e Nik dalla lunga chioma e dalla folta barba il terrore di tutti i pesci predatori… indomiti leoni, sempre pronti all’ultima Slivovica, sempre aggressivi sui piatti di portata, sempre carichi per il prossimo lancio! Cast & Believe! Questo il motto che ci accompagna ad ogni apertura dell’archetto, ad ogni giro di manovella!
Siamo affamati di cibo e di pesca e, dopo 12 ore di guida e un paio di strade sbagliate, dopo un leggerissimo gulash, una birra e una slivovica non diciamo di no a due lancetti di benvenuto…
Ad accoglierci e mostrarci le strade ed i lanci migliori, la nostra guida, the one and only, il leggendario Velibor Ivanovic detto “Caki”, un mio caro e vecchio amico di tante avventure alieutiche… Alto come le montagne che frequenta, grosso e massiccio come gli orsi che qui vivono, gioviale e cazzaro come nessuno al mondo… al di là di qualche consiglio utile la sua opera principale, la sua arte, è quella di motivatore! Ogni lancio is “best direction” ogni ora is “best time of the day” ogni colore dell’acqua is “great water for hunting hucho” ogni esca “yes, yes, is perfect!” “Here last year…25kg hucho was landed…” Cast & Believe! Questo è il segreto…
Pescando al tramonto
Ed eccoci sulle sponde del fiume, grande potente e nero nel buio della sera, lanciamo, crediamo e viviamo forti emozioni… Io sono solo quando sento rompersi l’acqua, aguzzo lo sguardo e noto nella scia del mio jointed minnow una schiena lunga fuori dall’acqua e una coda dietro di essa che fende la superficie … la sagoma va a zig zag alla velocità dell’esca per alcuni secondi… è grande… continuo il recupero in modo lineare. Nulla. Resta solo il mio batticuore assordante nel silenzio.
Il baby hucho di Velibor
Matteo e Velibor sono più a valle e vivono altre straordinarie iniezioni di adrenalina: prima Matteo ferra forte un’abboccata… sarà solo un grosso cavedano. Poi Velibor incanna un baby-hucho… niente che si possa dire degno di foto, ma pur sempre uno sfuggevole e misterioso re del fiume. Infine, pochi minuti dopo in altra posizione, l’acqua si squarcia davanti ai loro piedi: un pesce stimato sugli undici chili è in caccia sotto riva e si è lanciato sul pesce bianco… secondi di inferno percepiti nei riflessi del chiaro di luna, poi la quiete. Tutto immoto e l’alternarsi di lanci monotoni. Cast and Believe.
Alle cinque del mattino dopo ci stiamo tuti stiracchiando nei waders, all’alba siamo in pesca in un altro posto strepitoso:
le grandi e lente anse del fiume che attraversano il paese di Klijuc si stringono in una rapida stretta ed impetuosa, due altissime pareti di roccia quasi verticali chiudono la valle dov’è adagiato il paese e spalancano davanti agli occhi di chi le attraversa, un paesaggio più selvaggio e montagnoso; il fiume, passata la strettoia di roccia, crea una prima lunga e profonda lama, poi si sussegue in raschi fragorosi e ancora lunghe lame cinte da sponde ora erbose ora ghiaiose, ma sempre immerse nei boschi.
La gola la si attraversa costeggiando il fiume su una piccola strada sconnessa, alzando gli occhi verso la cima della montagna, in alto, nella bruma, si intravede un castello millenario incastonato nella roccia, se tutto questo non fosse abbastanza suggestivo, considerate anche il nome di questo luogo: “Dragon’s Passage” e davvero non mi sarei stupito di vedere piombare un drago a ghermire uno di quei calessi che di tanto in tanto passavano sulla strada, provenienti da un’altra epoca…
Nik in action!
Non molto dopo l’alba lascio i miei prodi compagni a tempestare di lanci la lama e mi spingo, in compagnia di Velibor, più a valle a cercar fortuna sul primo lunghissimo e veloce braschio ghiaioso.
L’esca che uso è quella caldamente raccomandata dalla guida: Huchen Zopf, l’orribile piombo circondato da un ciuffo di tentacoli in plastica… mi costa uno sforzo di fede preferirlo ai miei bellissimi minnow o alle mie iper-realistiche e costosissime gomme… ma ci credo! “Believe my friend!”
Pietro combatte l’hucho a canna bassa!
È il primo giorno di pesca, sono le prime ore… sono concentrato e lancio con costanza l’arco d’acqua di fronte a me, non penso ad altro che a far lavorare al meglio lo “zopf”… “stay in touch with the bottom”, tengo contatto con il fondo ma cerco anche di dargli colpetti di cimino che siano il più sexy possibile… l’esca è circa 40 metri a valle nel pieno della corrente, sento due piccoli strappetti… <Sarà il fondo> penso perplesso, continuo la trattenuta e i colpi di canna,
DOOOONNNNNN! Come rintocco di antiche campane sento il palato dell’hucho che schianta la mia esca tra le mandibole.
DOOOOONNNN! Come un frate si appende alla corda dell’antico campanario e con forza strattona, così, deciso e potente, sollevo la vetta della mia Antares Monster! La canna si flette ed io, quasi inconsciamente grido <FIIIISH!> Velibor esulta da lontano e mi corre incontro, siamo su un isolotto nella corrente, non posso scendere a valle incontro al pesce, troppa acqua, troppa corrente… Non mi resta che combatterlo in un duello di pazienza e astuzia e guadagnare piano 30/40 metri che mi separano dal pesce a valle. Sento che non è enorme, ne ho preso uno ben più grosso in passato, ma è comunque una preda che merita di essere catturata. Prende un po’ di frizione, taglia da una parte all’altra il filo di corrente e lo assecondo con cambi rapidi di lato della canna. Tengo la punta bassa per evitare salti o testate fuor d’acqua, Velibor ormai mi è di fianco e riprende tutto… quasi lo maledico, il recupero contro corrente mi rende molto nervoso, temo si slami, vorrei lui fosse pronto per tailing o guadinata. Ormai il pesce è davanti a noi nell’acqua bassa, è bellissimo, lo guido verso l’amico montenegrino eeeee <….eccoloooo!>
Si schiude un sorriso di gioia pura. Foto, pacche sulle spalle, video del rilascio.
Hucho hucho Sana River
A colazione pensiamo tutti, tra un uovo sodo e una fetta di pane e marmellata: <prima sera due cacciate e un mini hucho… prima mattina un bel pesce preso… faremo una strage! Ci verranno i crampi a furia di salpare hucho over metro!>
Mai supposizione fu più lontana dalla verità, i giorni si sono susseguiti veloci e le emozioni più grandi sono state un grosso pesce perso da Elia, a causa forse di una canna troppo morbida per la dura bocca dell’Hucho, ed un pesce sul metro e dieci, forse lo stesso, che ha cacciato su un nasen (pesce bianco) tra i piedi di Fabietto ed Elia. Fabietto non dimenticherà…
Pranzo on the river!
Il pescatore più “pro” di tutti noi, quello che di mestiere fa la guida di pesca in Irlanda nel suo strepitoso lodge, quello che ferra centinaia di lucci all’anno, per pura fatalità sarà l’unico a non vedere neanche un Hucho, ma forse proprio per questo ne resterà ancora più stregato… dapprima ha provato odio per una pesca un po’ noiosa e logorante, poi ne ha sentito la magia, quell’ossesione che cresce per un risultato mai scontato, per un incontro bastardo e imprevedibile!
Il cielo quasi sempre coperto ma temperature assolutamente miti ci hanno accompagnato insieme a pochissime ore di sonno, tanta carne e nessuna verdura, tantissime risate e sfottò, fino al sabato. In questa giornata, finalmente di sole, ognuno ha trovato tempo sia per stare da solo con sé stesso sia per divertirsi con la strepitosa compagnia di amici! I “Novaresi”, ovvero Elia e Fabietto, non hanno resistito al fascino del male e pur di “scappottare”, con malizie da vecchi bracconieri, hanno catturato e liberato diversi vaironi/triotti locali … Almeno alla domanda <Quanti ne avete presi in Bosnia?> potranno rispondere: <Mah, diversi, almeno 7 o 8…>
Fabietto…. BIIIG FIIISH!
Le risate non mancano, ad esempio quando dalla parte opposta del fiume, ben nascosto, con un lancio lungo riesco a far arrivare il mio artificiale sulla lenza di Elia e a simulare una violenta abboccata che lo fa saltare in piedi ed invecchiare di dieci anni in un momento! Oppure quando ho lottato per due volte a fila con gli alberi della sponda opposta perdendo le esche migliori di Velibor, o quando Nik si è finto un aggressivo rumeno nell’oscurità mettendo in fuga me e Matte…
Infine è l’alba di domenica, ultimi lanci per la “squaddra italiana” come siamo stati rinominati, ultime ore, pioggerella ed acqua velata… Ci crediamo da morire tanto da riuscire ad alzarci dal letto nonostante il sonno devastante… È bello essere qui, guardare l’acqua e pensare ancora una volta che altri mondi sono possibili, che esistono modi di vivere che non hanno nulla a che vedere con la nostra vita di città del ventunesimo secolo. Ci si può sedere sull’erba e guardare il cielo, si può sentire il canto del muezzin in lontananza e sognare creature acquatiche misteriose e bellissime, si può stare fermi e pensare o perfino pensare a non pensare a nulla ed infine sentire solo il fiume e l’aria intorno.
Sana RIver
A volta a pesca ci ricordiamo che siamo animali, creature semplici. Una creatura semplice non è affatto una creatura stupida, è un essere vivente che ha bisogno di poco per vivere e per essere felice. Fermo, guardo il cielo, fermo, guardo l’acqua, non guardo l’orologio e non ho fretta. Lascio correre ricordi, fantasie ed emozioni come nuvole nel cielo, come acqua del fiume.
Ancora un lungo viaggio, tante ore di guida quante ore di risate in compagnia e siamo tutti a casa; con più amici veri, più ricordi degni di essere vissuti. Nella fiaba del nostro Hucho c’è tutta questa storia e molto di più che non sappiamo raccontare ma che vogliamo ardentemente tornare a rivivere insieme!
Rock ‘n’ Rod
See You Spoon
In Rod We Trust