Quando metti una sera due amiche un buon vino, una birra fresca, quattro chiacchiere e soprattutto un buon locale può capitare che il film che andrete a vedere dopo sarà semplicemente meraviglioso. Un preserata che può portare solo buone novelle, se poi ci aggiungi un occhialetto 3D montato su un paio di occhiali da nerd la risata non scappa.
Comunque veniamo a noi e alle due ore di cinema più dolci e emozionanti dai tempi di Amelie. Si non esagero proprio dai tempi di Amelie. La città più romantica del mondo Parigi ritorna a fare da sfondo ad una storia vera mista a sogno che Scorsese ha voluto dedicare agli inizi del cinema e ad uno dei suoi massimo esperti, Georges Méliès.
Non dirò bugie non lo conoscevo prima del film, ma vi assicuro che ho trascorso un’ora della mia breve notte ha cercare informazioni, immagini e vecchi filmati di questo regista visionario che posso dire senza alcun ombra di dubbio non ha nulla di meno di Tim Burton e dei suoi mondi surreali.
Continuo a divagare e mi perdo nel racconto del film.
Hugo Cabret, il nostro piccolo protagonista, è un orfano che vive nascosto tra i sottoscale, i sottotetti e i sottoviti, della stazione di Paris Montparnasse. Non viene mai citato il nome della stazione, ma Martin Scorsese, da quel genio che è, inserisce nel film un episodio realmente accaduto immaginandolo come un sogno, o meglio un incubo. Il 22 ottobre 1895 nella stazione di Montparnasse il treno espresso 56 transitante sulla linea Granville-Parigi, causò l’incidente ferroviario più spettacolare della storia. Come so di questo episodio, perchè anni fa, molti anni fa, un mio vecchio e caro amico francese prima di tornare a casa sua mi regalò una cartolina raffigurante questo particolare incidente e ne rimasi stupefatta.
Nel film questo episodio appare come un sogno del piccolo Hugo, ma ripensandoci mi è venuto un dubbio poi legittimato. Durante tutto il film Hugo guarda, ammira e rimane sbalordito dalla spettacolarità della Tour Eiffel. Anacronisticamente parlando però la Tour Eiffel venne costruita solo due anni dopo quel famoso incidente del 1895 e inaugurata nel 1890 durante l’Esposizione Universale…vabbè è un piccolo dettaglio a Scorsese si può permettere tutto. O no?
Torniamo al film. Hugo anche se ancora bambino ha già un lavoro, si prende cura degli orologi della stazione e coltiva il sogno di aggiustare l’uomo meccanico che conserva nel suo nascondiglio e che rappresenta tutto ciò che gli è rimasto del padre. Ogni giorno cerca i pezzi mancanti per la sua creatura rubamdoli ad un vecchio giocattolaio che lavora nella stazione. Presto però le cose cambieranno. Un piccolo furto darà il via ad un’avventura straordinaria che porterà Hugo e la sua giovane amica Isabella, a vivere il sogno più grande della loro vita.
Il mondo che Scorsese ci fa conoscere è un mix di personaggi strani e affettuosi, piccole fioraie che fanno perdere la testa a burberi ufficiali di polizia, una piccola orchestra che accompagna i viaggi e i saluti dei milioni di passeggeri che affollano la stazione.
È un mondo di incanto, una favola antica, ma mista di modernità. In tutte quelle viti, quei bulloni e quegli effetti speciale Scorsese non trascura lo sguardo dei protagonisti, non trascura il loro amore per la magia del cinema.
Se i fratelli Lumiere hanno dato il via al sogno, sono i personaggi come Georges Méliès ad aver reso grande la magia stessa. Non per nulla Georges Méliès inizia la sua carriera prima come illusionista e poi come l’inventore della tecnica del montaggio.
Quando alla fine del film togli gli occhiali 3D e torni alla realtà, il grigiore di una sala del cinema ti appare davvero stantia di fronte alla maestosità dei rossi e degli arancioni usati esageratamente nel film.
Torni ad amare il cinema, come arte magica e non solo come trasposizione della realtà.
Vi voglio lasciare con un piccolo sogno visionario di Georges Méliès.