Magazine Cinema
Visto al cinema.
Per cercare un messaggio nascosto dentro ad un automa, il piccolo Hugo Cabret, ruba strumenti e materiali al negozio di giocattoli di un Georges Mélies ormai vecchio, dimenticato e disilluso. Quando il ragazzo scoprirà chi è in realtà quel vecchio cercherà di aiutarlo a rivivere le glorie del passato.
Diciamo subito due cose sul 3D così non ci si pensa più. Scorsese sa come usare la terza dimensione e lo fa con il metodo classico degli “autori” (come fece Hitchcock ad esempio), ponendo spesso il centro della scena in secondo piano e mettendo in primo oggetti vari a fare da cornice dando un senso di rpofndotà anche ai dialoghi; poi utilizza spesso dei carrelli tra pareti strette, tra la folla di persone o nei cunicoli che proiettano decisamente all’interno della scena (la sequenza iniziale ad esempio); a questo proposito bisogna ammettere che questo 3D è il più coinvolgente ch abbia mai visto. Se fosse solo questo però sarebbe troppo poco, qui si parla di Scorsese; ed in effetti un paio di idee nuove le ha, da una parte la proiezione in 3D della luna di Mélies che esce dallo schermo in maniera incredibile dando un nuovo e moderno effetto sorpresa ad un’idea che 100 anni fa stupì il mondo; in secondo luogo in due occasioni sfrutta il 3D come effetto straniante (nell’avvicinarsi a Kingsley sul palco alla fine del film) o per dare un maggiore senso di claustrofobia (nel primissimo piano di Baron Cohen che parla con i due ragazzi in stazione) riuscendoci benissimo. Complessivamente ottima fattura, ma troppo poco per essere Scorsese.
Detto ciò devo ammettere che mi sono avvicinato al film con le peggiori sensazioni possibile. Sarà stata l’idea di un film per bambini fatto da Scorsese (no) o sarà stato uno dei trailer più brutti che ricordi (si), ma proprio non mi aspettavo un granchè; e invece…
Scorsese crea il suo film più autobiografico (il ragazzetto innamorato del cinema è quasi un paragone scontato) e cinefilo di sempre e reinterpreta il concetto di fil, per ragazzi come un film didattico sulla storia del cinema per avvicinare i ragazzi ai film muti e (più ampiamente) all’idea che essi portarone nel cinema, come mezzo per realizzare visivamente i sogni. La storia del mistero che circonda il padre del protagonista è solo un McGuffin che viene presto accantonato (e che nel finale si rivelerà non esistere nessun mistero) per parlare di Mélies e tutto ciò che ne è venuto dopo. Viene presentanto il cinema come viatico della fantasia e ne vengono mostrati pezzi in esempio; e questo è a mio avviso la parte più emotiva del film, credo che Scorsese si sia entusiasmato all’idea di mostrare dei film muti ad una platea del 2012 facendoli passare per una storia d’avventura (personalmente poi la sequenza in cui i ragazzi leggono la storia del cinema e le immagini sono un collage dei grandi film muti da The great train robbery a Intolerance è stata realmente entusiasmante). Scorsese poi non si accontenta di dire ad alta voce cosa gli piace, ma ne mostra l’attualità citando direttamente o indirettamente intere sequenza; e questo lo fa senza l’arroganza del cinefilo snob che cita per gusto della citazione e per vedere chi lo capisce; no, Scorsese prima mostra la sequenza di Harold Lloyd appeso all’orologio e poi lo fa fare al protagonista, prima mostra L’arrivo del treno e poi lo reinterpreta in chiave moderna mostrando cosa ne vien fuori se lo si fosse fatto con il 3D. Infine Scorsese si lancia nel far vedere che l’arte di dar vita ai sogni fu realmente qualcosa di sui generis, un mondo a parte con regole e logiche tutte sue (e tutte sorprendenti), mostra infatti dei possibili backstage di alcuni film di Mélies, mostrandone i trucchi e le motivazioni (elegante l’idea di fotografarli con i colori pastello dei film colorizzati dell’epoca).
Si insomma, Scorsese ha creato un bignami sul chi, cosa e perché del cinema del muto, mettendoci dentro tutta la parte emotiva che lui stesso deve aver provato; tutto in favore dei ragazzi a cui il film è principalmente rivolto.
Ah si, poi il film si segue da dio, fotograficamente e scenograficamente opulento, ma senza sforare nel kitsch. Si insomma un buon film in se, con uno scopo pedagogico di fondo.
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