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Hugo chavez e il venezuela: storia e rinascita

Creato il 08 marzo 2013 da Postpopuli @PostPopuli

di Emiliano Morozzi

È di pochi giorni fa la notizia della morte di Hugo Chavez, il popolare presidente venezuelano che per primo ha cercato di liberare il proprio paese dalla dipendenza economica degli Stati Uniti e soprattutto dalla miseria endemica che lo ha sempre afflitto. A prima vista, un riformatore illuminato, figura rara almeno fino a qualche anno fa in un America Latina vessata da dittature più o meno feroci, ma dietro le riforme sociali sicuramente avanzate che hanno portato alcuni ad identificare in Hugo Chavez un nuovo profeta del socialismo, il presidente venezuelano nascondeva anche qualche ombra, come vedremo più in seguito. Definirlo come “socialista” o come “caudillo” sarebbe sicuramente troppo schematico e fuorviante, perché Hugo Chavez era probabilmente l’uno e l’altro, e per inquadrarlo storicamente e dare un giudizio storico parziale (troppo vicina è la sua morte e molto complessa un’analisi del suo pensiero politico per poterla esaurire in un post di quaranta righe) bisogna ripartire dall’inizio.
 

HUGO CHAVEZ E IL VENEZUELA: STORIA E RINASCITA

Murales per Chavez (451online.it)

In principio Hugo Chavez era soltanto un militare, cresciuto con una formazione politica anomala per quelli del suo mestiere, alla scuola di Marx, Gramsci e Lenin piuttosto che a quella di Videla o Pinochet. Partecipò al golpe per deporre il legittimo presidente Perez, fu arrestato e subito dopo rilasciato, e alle elezioni del 1998 riuscì a farsi eleggere presidente grazie ad un ampio consenso presso le classi popolari. La prima mossa di Chavez fu quella di sottoporre all’approvazione popolare la stesura di una nuova costituzione, e quando essa fu redatta, il presidente venezuelano diede il via a numerose riforme sociali, che sollevarono il suo paese dallo stato endemico di miseria in cui si trovava. Riforme incisive, che hanno davvero aiutato le classi più povere, pagate però con un maggiore accentramento di poteri nelle mani del presidente, che certo non ha brillato per rispetto delle opposizioni e della libertà di espressione. Apro e chiudo parentesi: vorrei sottolineare, per tutti i miei compatrioti che attaccano Chavez su questo punto, se la pensano allo stesso modo di Berlusconi, che in quanto a limitazione della libertà di espressione non è stato da meno (alzi la mano chi si ricorda il famigerato “editto bulgaro”). Sotto il governo di Hugo Chavez, il Venezuela si è liberato dall’abbraccio soffocante degli Stati Uniti in economia e ha reinvestito i proventi della vendita del petrolio nazionalizzato in progetti sociali volti a risollevare dalla miseria ampi strati della popolazione, nell’educazione, nella sanità pubblica, nella lotta alla disoccupazione, nei diritti delle classi più povere, riducendo la fascia degli emarginati dal 40% della popolazione al 9%.

In queste riforme, sicuramente avanzate per paesi abituati a essere asserviti agli interessi economici degli Stati Uniti, sta la chiave del successo di Chavez e dell’ampio consenso riscosso presso le classi popolari, che hanno contribuito in maniera determinante alle sue ripetute riconferme al potere. Una politica populista dunque, un populismo comunque non solo di facciata ma efficace, e un continuo attrito con gli Stati Uniti che ha fatto di lui un simbolo per chi vede come il fumo negli occhi le politiche di Washington. Se in campo sociale Hugo Chavez ha avuto indubbi meriti, nel campo della libertà d’espressione ha tenuto sempre un atteggiamento piuttosto ambiguo: pur non adottando la politica repressiva del dissenso dei suoi grandi amici Fidel e Raul Castro, Chavez, in maniera più sottile, ha sempre cercato di mettere a tacere le voci di dissenso, inasprendo i rapporti con le opposizioni dopo il tentato golpe ai suoi danni e cercando spesso di demonizzare l’avversario (vi ricorda qualcuno?), anche se è rimasto sempre entro i confini della legalità. Molto discutibili anche le sue amicizie internazionali, a partire dal regime di Fidel Castro per finire a quello di Ahmadinejad passando per la Libia del defunto Gheddafi. Tutto questo ha contribuito a polarizzare i giudizi intorno alla sua figura: da una parte gli Stati Uniti, che sotto il governo Bush, come negli anni Settanta, vedevano come un nemico degli USA ogni governo latinoamericano non asservito ai loro interessi economici, dall’altra quelli che odiano gli Stati Uniti, pronti a idolatrare chiunque si metta contro il governo di Washington, senza fare distinzione tra democrazie riformatrici e regimi dispotici.

La verità sta probabilmente nel mezzo, e a tale proposito mi permetto di citare l’opinione di Antonino Condorelli, docente di Scienze della Comunicazione dell’Universita Federale do Rio Grande do Norte in Brasile e attento conoscitore delle vicende latinoamericane, che così sintetizza la figura dl Hugo Chavez: “Ha fatto per il Venezuela lo stesso che Lula e Dilma hanno fatto e continuano a fare in Brasile (ridotto enormemente la povertà e migliorato la vita di milioni di emarginati), ma con uno stile di governo più populista e un po’ meno rispettoso della libertà di espressione.”

 

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