di GIORDANO CAPUTOA mettere la saga di Hunger Games una spanna sopra quelle di Harry Potter e Twilight è l’utilizzo della miscela equilibrata che permette di alternare gli impegni sia cast che crew in un gioco di squadra dai ritmi vincenti venuto sempre a mancare - in un modo o in un altro - ai due concorrenti esibitisi in precedenza.
O perlomeno questa è la sensazione suscitata dal franchise con l’arruolamento del regista Francis Lawrence.
Rispettato per essere persona altamente gestibile e affidabile il regista di “Io Sono Leggenda” muove il secondo capitolo della saga ideata da Suzanne Collins come fosse una danza, segue disciplinato la buona sceneggiatura di Michael Arndt e Simon Beaufoy ma non si tira indietro quando, in fasi di calo, deve appoggiarsi al talento dei comprimari caratteristi Woody Harrelson, Philip Seymour Hoffman, Stanley Tucci ed Elizabeth Banks per non perdere quota e rialzare il ritmo.
Nonostante, poi, la mossa migliore che fa “Hunger Games: La Ragazza di Fuoco” non sia propriamente questa, ma derivi dalla consapevolezza di volersi andare a prendere una fetta di pubblico non più legata solo alla fascia adolescenziale ma appartenente anche ad un target più alto ora convinto di poter pienamente soddisfare. E così, senza farsi pregare troppo, sfrutta l'intuizione costruendo una messa in scena molto più esplicita e feroce della precedente, impadronendosi trasversalmente - e meglio di quanto non abbia saputo fare nel capitolo di apertura - di un pubblico vasto ed eterogeneo.
Come accade allora nella maggior parte dei casi riguardanti i sequel hollywoodiani, seppur tratta da un romanzo, la pellicola di Francis Lawrence va ad assemblarsi come una sorta di gigantografia di quel che era già stata, riprende la storia laddove era stata interrotta e con un escamotage la migliora rimettendo Katniss e Peete sul campo di battaglia del gioco affamato, folle e sadico, facendoli combattere però contro chi, come loro, quel gioco l'ha vinto e ne ha ereditato shock psicologici, depressioni, istinti assassini ma ovviamente anche una certa disinvoltura.
Ma quella che a primo impatto può sembrare, per esperienza, una scelta poco rischiosa e controproducente viene smentita immediatamente con il cambiamento del contesto circolare che dopo la vittoria di Katniss ai 74esimi Hunger Games è assolutamente meno disposto ad accettare sudditanza e ordini imposti dai signori di Capital City, cosa che va a riflettersi anche sul comportamento dei concorrenti della nuova edizione, interessati molto di più a stringere alleanze di sopravvivenza che ad uccidersi l’uno con l’altro.
Ci si ribella, quindi, e si alzano i spiragli per una rivoluzione e per l'ulteriore evoluzione di un franchise che ha compiuto il salto e non ha la minima intenzione di poggiarsi sugli allori. Jennifer Lawrence con il suo arco incanta ed emoziona (il colpo di coda finale è splendido), Josh Hutcherson e Liam Hemsworth la aiutano nel compito senza eccellere in assoli. “Hunger Games: La Ragazza di Fuoco” tuttavia è decisivo soprattutto per come sa accendere la scintilla di una saga che con il primo capitolo aveva solo cominciato a strofinare timidamente il legnetto sulla pietra, mentre adesso, invece, ha reso le attese di avanzamento obiettivamente più interessanti e tutte da scoprire. Con brecce di sbaraglio assoluto nei confronti sia di maghetti che di vampiri o licantropi.
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