Magazine Cinema
(id.)
di Saverio Costanzo (Italia, 2014)
con Alba Rohrwacher, Adam Driver, Roberta Maxwell, Jake Weber
durata: 109 min.
★★★★☆
Eccolo qui il nostro Gone Girl, se permettete ben più maturo, inquietante e realistico dello strombazzato 'originale' targato Fincher... no, non esagero: quando c'è un bel film italiano di respiro internazionale (non solo per lingua e ambientazione) è bene affermarlo senza troppi giri di parole. Se poi vogliamo dirla tutta, mi piacerebbe sapere come mai Saverio Costanzo e Alba Rohrwacher sono la coppia (professionale e privata) più 'odiata' del cinema di casa nostra. Lui sconta forse il pregiudizio di avere un papà un po' troppo famoso, lei quello di non essersi mai resa troppo simpatica al grande pubblico (ma solo, credo, per il suo carattere estremamente timido e 'sfuggente' e anche per i ruoli interpretati sullo schermo). Diciamola tutta: se Hungry Hearts fosse stato un film americano la critica (in particolar modo quella che, esagerando, ha definito Gone Girl un capolavoro) si sarebbe sperticata in elogi. E invece molti, troppi illustri recensori del Belpaese hanno fatto le pulci a questo film che, è bene ricordarlo, è stato l'unico titolo italiano premiato all'ultima Mostra del Cinema di Venezia.
Assurde infatti, a mio modo di vedere, sia le critiche rivolte alla Rohrwacher per la scarsa qualità del suo inglese (il film è stato girato a New York, in inglese appunto, per ragioni commerciali e pratiche, vista l'internazionalità della troupe. E la Rohrwacher interpreta una studentessa italiana finita oltreoceano per lavoro, quindi mi pare ovvio che la pronuncia non possa essere oxfordiana...), sia i giudizi negativi dovuti alla presunta 'demonizzazione' del personaggio femminile e del ruolo della donna in generale (ma com'è che allora nessuno ha aperto bocca per Gone Girl?). La seconda ipotesi, poi, è totalmente campata per aria: primo, perchè assolutamente non vera e faziosa - e vedremo perchè - secondo, in quanto non si capisce perchè raccontando la storia di una persona in particolare questa debba per forza estendersi a tutto il genere femminile...
Ma andiamo con ordine, e vediamo innanzitutto di cosa parla Hungry Hearts: Jude e Mina (lui americano, lei italiana) si incontrano per puro caso nei bagni di un ristorante newyorchese. Lei è finita per sbaglio nel bagno degli uomini, lui ha appena subìto le conseguenze di un piatto di pesce non proprio freschissimo. Il destino vuole che la porta del bagno resti bloccata, così da permettere ai due di conoscersi e far scoppiare la scintilla tra loro nel modo più 'alternativo' possibile. Galeotta fu la puzza, insomma... fattostà che da quel giorno Jude e Mina non si lasciano più, si sposano, fanno progetti e lei resta incinta quasi subito. La gravidanza però sconvolge la ragazza, convintasi (grazie al consulto di una cartomante) di avere in grembo un bambino indaco, ovvero una creatura speciale, unica, venuta al mondo per cambiare i destini degli uomini...
Mina diventa ossessionata dalla cura del neonato: decide di crescerlo con alimenti esclusivamente naturali seguendo i princìpi del veganesimo, non accetta di farlo visitare da medici tradizionali, si richiude in casa convinta che perfino l'aria del 'mondo esterno' sia irrespirabile. Ovvio che per Jude la convivenza con la consorte diventerà sempre più problematica, soprattutto in relazione alla salute del figlio, che comincia ad accusare i primi seri problemi di denutrizione. Da qui in poi Costanzo costruisce un film tesissimo, cupo, adottando gli stilemi del thriller vero e proprio (come fece, altrettanto bene, ne La solitudine dei numeri primi) per coinvolgere lo spettatore in un opprimente viaggio senza ritorno, lo stesso che prova il padre del bimbo, sconvolto e per nulla rassegnato nel veder morire suo figlio a causa dei deliri paranoici della madre.
Hungry Hearts è un film angosciante e delicato allo stesso tempo. Vi disturberà, vi inquieterà, vi farà incazzare, eppure non riuscirete a togliervelo dalla testa per un bel po'. Proprio perchè è un film drammaticamente umano, che vi costringerà a interrogarvi sui suoi aspetti più subdoli e chiedervi cosa possa spingere una donna (o meglio, una persona) apparentemente normale, sana, intelligente, di buona istruzione e cultura, a lasciarsi andare completamente a un'ideologia folle. Mina non è nè malata, nè un'assassina: è una persona tenera, psicologicamente fragile, sensibile, capace di grandi slanci affettivi quanto vittima di assurde e infondate paure. E' una donna giovane che si sente impreparata alla maternità e alla famiglia e non riesce a gestirle come vorrebbe, rinchiudendosi nel suo guscio e autoconvincendosi di esserne capace, nel modo più estremo possibile. Jude (un ottimo Adam Driver, anche lui premiato a Venezia insieme alla Rohrwacher) dal canto suo è un padre spaventato e spaesato, diviso tra l'amore per la moglie (mai venuto meno) e la preoccupazione per la salute del figlio, che lo porta anche a sragionare ed essere aggressivo.
Un film bello, duro, rispettoso, che non emette giudizi ma si limita a fotografare la situazione e a farci ragionare su un tema complesso e scomodo, su come le casualità della vita riescano a trasformare un grande amore in una relazione ingestibile e tormentata. Un thriller umano e psicologico, terribilmente reale, liberamente ispirato a un ottimo romanzo di Marco Franzoso (Il bambino Indaco) che Costanzo destruttura nella narrazione e nell'ambientazione, pur restandone molto fedele: voi andate a vederlo al cinema, magari facendo finta che sia un film di Fincher... alla fine, magari, vi convincerete che certi generi possiamo toccarli anche noi senza restane scottati. E perfino con risultati migliori!
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