Hurricane, il film: denzel washington è rubin carter

Creato il 13 novembre 2013 da Postpopuli @PostPopuli
 


di Claudia Boddi

La storia di un errore giudiziario realmente accaduto, raccontata da Norman Jewison nel 1999, nel film “Hurricane-Il grido dell’innocenza”. Magistralmente interpretato da Denzel Washington, il pugile statunitense Rubin Carter fu accusato di triplice omicidio nel 1966 e condannato a due ergastoli in New Jersey. Nel cast del film, anche altri volti noti ai cinefili come: John Hannah, che interpreta Terry Swinton, Deborah Kara Unger che presta il volto a Lisa Peters e Liev Schreiber nel ruolo di Sam Chaiton.

foto flickr

“Hurricane” (che tradotto letteralmente significa uragano) trascorre ingiustamente molti anni della sua vita in prigione perché incastrato da testimoni che hanno sempre rilasciato dichiarazioni false, studiate ad hoc per renderlo colpevole, e da un sistema giudiziario ancora incline a punire sommariamente gli imputati di colore. Siamo nell’America degli anni ’60 – feroce, illogica e rissaiola – dove tutti si preparano a vivere uno dei decenni più significativi della storia del paese. Presto questa pellicola diventa strumento di riverbero per le strenui lotte per il riconoscimento delle differenze culturali ed etniche che arricchiscono civiltà e pensiero. Da quando cioè i tre amici canadesi decidono di occuparsi di Lesra - adolescente afroamericano con difficoltà a livello familiare – e di offrirgli i mezzi per costruire il suo futuro. Da lì in poi, questo è il leitmotiv che attraversa tutta la trama fino ad acquisire una potenza narrativa enorme quando si sofferma sul tempo trascorso da Hurricane dietro le sbarre. Là dove non c’è spazio per il dubbio e la fragilità che valgono la stessa sopravvivenza.

Rubin Carter grida la sua innocenza nelle pagine di un libro autobiografico che, quando arriva nelle mani del giovane Lesra, inizia con lui una fitta corrispondenza, che li porterà a combattere insieme un’intensa battaglia civile per l’universalità dei diritti fondamentali. “Era tempo che non vedevo così tanta luce in un essere umano”, la frase che Carter scrive in una lettera indirizzata a Lesra, ed è così che “Hurricane – Il grido dell’innocenza” diventa il “grido della speranza” verso un domani più giusto e al di sopra delle discriminazioni etniche e razziali. Grido al quale si uniscono anche voci illustri e molto acclamate dall’opinione pubblica mondiale – mobilitatesi a loro volta per questo clamoroso caso di giustizia mancata – come quella di Muhammad Alì e quella di Bob Dylan che compone per lui la canzone dal titolo omonimo, mai più eseguita in pubblico dal giorno della liberazione del pugile.

Rubin Carter, dopo vent’anni di ingiusta prigionia, oggi vive in Canada dove gli è stata conferita anche una laurea Honoris Causa in legge dall’Università di New York. Il film, sebbene costituisca un’importante testimonianza della vicenda, ha attirato su di sé numerose critiche per la ricostruzione cinematografica non del tutto fedele ai fatti, in particolare per quel che riguarda il temperamento del protagonista, nella realtà talvolta più cedevole dell’eroico personaggio, quasi senza paura, rappresentato da Denzel Washington.

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