Barcin Yinanc ricorda che il primo a invitare il Pontefice in Turchia è stato il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, nel quadro della distensione dei rapporti con Roma cominciata da qualche anno e fortemente voluta proprio da Bergoglio. Ovviamente il papa non va in Turchia solo per migliorare i rapporti tra le due chiese cristiane, scrive Yinanc: gli sviluppi regionali e la posizione della Turchia danno al Paese una grande importanza. L'emergere dello cosiddetto Stato islamico ha dato "un secondo duro colpo all'immagine dell'Islam dopo gli attacchi dell'11settembre", creando risentimento nei cristiani, che accusano la comunità musulmana di non aver preso una posizione compatta e forte contro l'Is, ma anche nei musulmani che in Occidente si vedono assimilati ai terroristi.
"Proprio su questo la Turchia dovrebbe intervenire", scrive Yinanc ricordando che fu Ankara ad avvertire l'Occidente che le politiche settarie dell'ex premier iracheno Nuri al-Maliki rischiavano di spingere i sunniti nelle braccia degli estremisti e che occorreva intervenire in Siria prima che il paese diventasse il quartier generale dei terroristi. Invece "è finita che la Turchia viene criticata perché avrebbe chiuso un occhio sul passaggio attraverso il suo territorio degli estremisti diretti in Siria dando l'impressione che fosse nell'interesse di Ankara, perché combattono contro il regime di Bashar al-Assad".