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Hurst, l’uomo che sussurrava ai fantasmi

Creato il 06 febbraio 2014 da Pablitosway1983 @TuttoCalcioEste

“Quando sento i suoi passi avvicinarsi alla mia stanza mi stendo sul letto, chiudo gli occhi, apro le gambe e penso all’Inghilterra.”

Regina Vittoria

Oltre al grande George Best e a Bobby Charlton, c’è un altro giocatore inglese che si è catapultato prepotentemente nel firmamento del calcio. Il suo nome è Geoff Hurst, biondino inglese con la faccia da piacione nato il 1941 ad Ashton under Lyne, nella Contea della Greater Manchester e divenuto già da giovanissimo un grande campione, uno di quelli che, lasciarlo in panchina è come congiurare di soppiatto e vilmente contro la Regina. D’altronde il padre fu anche lui un calciatore, di seconda fascia più che di prima, ma i geni del pallone scorrevano già nelle vene di Geoff che a 18 anni entrò a far parte nella schiera degli Hammers del West Ham. E proprio con gli Irons che Hurst trascorse i periodi più felici della sua carriera calcistica a livello di club. “I’m forever blowing bubbles” cantavano i tifosi della squadra prima che Geoff e compagni (tra i quali si ricordano Moore e Peters) entrassero in campo per affrontare con piglio deciso il fato di ogni gara.

A Londra, con il grande allenatore Ron Greenwood, Hurst comincia a vincere qualcosa, titoli importanti che lo consacreranno come uno dei più importati attaccanti inglesi (dopo un breve passato da centrocampista). Nel 1964 fu la volta della Coppa d’Inghilterra vinta ai danni dei Gigli Bianchi del Preston. Il 2 maggio, allo Wembley Stadium, davanti a cento mila spettatori, gli Hammers sconfissero i Gigli per 3-2. E fu proprio Hurst a segnare il gol del momentaneo pareggio prima del gol allo scadere di Boyce). Nell’estate dello stesso anno Geoff e compagni conquistarono anche il Charity Shield (la supercoppa inglese), titolo condiviso ex-aequo col Liverpool dopo il risultato finale per 2-2. In attacco il biondone continua a segnare molti gol, alcuni di pregevole fattura e grazie a lui e all’ottima ossatura del West Ham, l’anno successivo si vinse anche fuori dalle mura nazionali. Il 19 maggio del 1965, a Wembley, nella finalissima della Coppa delle Coppe i tedeschi del Monaco 1860 vennero battuti 2-0 (doppietta di Sealey) dagli Irons e Hurst e soci alzarono il primo trofeo Europeo (l’unico vinto in un club da Geoff) e l’ultimo titolo acciuffato dal giovane attaccante con il West Ham. Geoff, concluse la sua carriera a Londra nel 1972, dopo 13 anni trascorsi da assoluto re, per approdare a fine carriera nello Stoke City (dove militava il grande portiere Banks) e successivamente in America e in Irlanda, in club di scarso livello. Diciamo una passeggiata finale per l’inglese.

Well Done

il gol fantasma. l’originale.

3 titoli importanti e più di 100 gol nella sua carriera bastano a catapultare un calciatore nel firmamento del calcio?. Risposta no. O meglio, contribuiscono in forma minore alla gloria ma ci vuole ben altro a far divenire una leggenda una persona. Nel mezzo della carriera di Geoff ci fu la grande scintilla, anzi l’esplosione solare dei Mondiali del 1966, in Inghilterra, la sua patria, il suo regno. Si bisogna parlare di regno quando si cita Hurst perché grazie a quel mondiale divenne un vero e proprio Re. Alf Ramsey, mister della nazionale inglese, lo volle fortissimamente nella sua squadra come sostituto di Greaves. Fu proprio quest’ultimo la fortuna di Geoff. A causa di un grave infortunio del compagno a inizio della competizione, Hurst venne schierato titolare ed in campo sembrava che avesse tatuata una frase che lui dirà in una intervista tempo dopo: “Quando mi trovo davanti ad un portiere penso ad una cosa, distruggerlo”. Dopo aver passato il Girone iniziale nel quale l’Inghilterra dovette affrontare l’Uruguay (0-0), il Messico (2-0) e la Francia (2-0), Hurst ebbe l’occasione di mostrare al pubblico inglese che lui sapeva segnare anche in nazionale e nella gara successiva, quella dei quarti di finale contro l’Argentina il nostro segnò la rete della vittoria e del passaggio alle Semifinali contro il Portogallo di Eusebio (clicca qui per leggere la sua storia). Battuti i portoghesi per 2-1 ecco l’inizio del mito. A Wembley (stadio che doveva dare grande motivazione a Geoff visto che ogni finale a Londra la squadra in cui giocava vinceva sempre) davanti a circa 100.000 spettatori paganti la Germania Ovest entrò come un mucchio di cavalieri nell’arena della Regina Elisabetta. Si aprano i giochi cavallereschi, mi raccomando, duelli precisi e cavalli di razza! E che le lance siano lucide per l’occasione. La formazione inglese vantava di un assetto mostruoso: Banks, Cohen, J. Charlton, Moore, Wilson, Stiles, B. Charlton, Peters, Ball, Hunt, Hurst.

Sigfridica e superomica invece quella tedesca: Tilkowski, Hottges, Schulz, Weber, Schnellinger, Beckenbauer, Overath, Haller, Seeler, Held, Emmerich. Al 12° minuto il vantaggio dei tedeschi con Haller ma ad una manciata di minuti fu il pareggio inglese proprio di Hurst che precedette il vantaggio inglese del 2-1 grazie ad un gol di Peters al 33° (su suo assist) e il pareggio al fulmicotone di Weber che portarono le squadre ai supplementari.

Forse fu il vento, forse l’asse terrestre si inclinò di pochi gradi, forse Sir Canterville soffiò il pallone da dietro la linea. Sta di fatto che il terzo leggendario gol di Hurst, all’11° del primo tempo supplementare, rimbalzò sulla traversa e finì sulla linea della porta. Rete fantasma perché l’arbitro svizzero Dienst optò per il gol. Forse scorse la Regina che lo adocchiò imbronciata? Forse un riflesso solare gli accecò la vista come un San Paolo delle Alpi? La risposta è nel vento (come cantava Dylan). Il dubbio ma epico 3-2 per gli inglesi si concretizzò ma non finì la partita perché allo scadere del secondo tempo supplementare arrivò il terzo (o secondo?) gol di Geoff che portò l’Inghilterra sul tetto del mondo e Hurst ad abbracciare le stelle (fu l’unico calciatore a segnare una tripletta nella finale di un mondiale). Moviole, dibattiti. Di tutto e di più dopo l’avvenimento funesto per i tedeschi e tangibilmente glorioso per gli inglesi. Pagine e pagine di documenti e di chiacchere da pub. La verità soffia con le bolle. Ma il momento più importante per Geoff Hurst, il Sir del pallone, rimarrà per sempre questo, quello trascorso tra una Coppa Rimet ed un tè con la Regina. Alla Regina!

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