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I 120 gradini di Cobà

Creato il 27 dicembre 2013 da Federica

Dopo Chichén Itzà, sempre più incuriositi dalla misteriosa cultura Maya, non potevamo certo lasciarci sfuggire una visita al sito di Cobà passando prima per le vicine rovine di Tulum, così suggestive con la loro posizione a picco sul mare.

Esaminata dagli esperti in tempi piuttosto recenti (1920 circa), Cobà si presenta agli ospiti in una veste totalmente diverse dalle altre aree archeologiche della riviera Maya; i suoi tesori si trovano infatti ancora ben celati tra la giungla fitta e rigogliosa e per esplorarla, viste le lunghe distanze, ci è stato consigliato di utilizzare una bicicletta (a noleggio) con cui scorrazzare seguendo i sentieri battuti.
La prima struttura che incontriamo è “La Iglesia”, così chiamata per la sua forma svettante; sulla sua cima venivano praticai riti esoterici da parte di stregoni e sciamani, spesso ricorrendo a sacrifici umani.

I 120 gradini di Cobà
I 120 gradini di Cobà

A seguire, ecco un altro campo da gioco della pelota, tipico di ogni sito Maya; questo però ha una particolarità in quanto, su una delle pareti laterali, all’interno di un piccolo riquadro, sono state incise quelle che paiono essere le regole del gioco.

I 120 gradini di Cobà
I 120 gradini di Cobà
I 120 gradini di Cobà

Ci vogliono poi ben 2 km di pedalata per raggiungere la vera attrazione del sito, la celebre piramide di Nohoch Mul; 42 metri di altezza e ben 120 gradini, tutti da scalare. Sicuramente non è impresa per tutti i polmoni e, soprattutto, non adatta a chi soffre di vertigini ma, con un briciolo di impegno, dà la possibilità di ammirare, dalla sua vetta, un paesaggio a dir poco mozzafiato. Una distesa sconfinata di vegetazione, un “mare” tutto verde in cui pare di potercisi tuffare.
Sensazioni contrastanti ci hanno percorsi una volta giunti in cima mentre, con le braccia aperte, ci godevamo cotanto spettacolo; da un lato un senso di forza e onnipotenza che però, dopo poco,  va svanendo quando ci si rende conto di essere così piccoli e insignificanti rispetto a tutto quel mondo che, da lassù, sembra ancor più grande e illimitato.

I 120 gradini di Cobà
I 120 gradini di Cobà
I 120 gradini di Cobà
I 120 gradini di Cobà
I 120 gradini di Cobà
I 120 gradini di Cobà

Decisamente diverso è invece l’aspetto del sito archeologico di Tulum, più piccolo e contenuto oltre che sicuramente meglio ristrutturato.
Ciò che colpisce è, ovviamente, il suo affaccio diretto sul Mar dei Caraibi e, più precisamente, su quella che viene chiamata “Playa Paraiso”.
Le onde del mare ne lambiscono un lato mentre, dall’altro, la vegetazione tropicale e le mura difensive ne delineano il perimetro dando origine ad un’area ben protetta e sicura, oltre che di incredibile bellezza.
La sua favorevole posizione geografica ne aveva in precedenza decretato la fortuna facendola diventare un importante scalo commerciale di prodotti quali pesce, miele, ossidiana e piume di quetzal.
L’area è anche considerata una sorta di santuario delle iguane, vista la grande quantità di rettili che ospita; vagano tranquillamente per i sentieri del sito, si crogiolano placidamente al sole e qualche volte, infastiditi dai flash delle macchine fotografiche, si fanno sentire rincorrendo i malcapitati con fare piuttosto aggressivo (ebbene sì, è successo proprio a noi!).

I 120 gradini di Cobà
I 120 gradini di Cobà
I 120 gradini di Cobà

L’edificio più importante di Tulum è senza dubbio El Castillo (eh sì, anche questo si chiama così) situato nei pressi dell’approdo, una piccola insenatura che fungeva da porto e che oggi ospita una terrazza panoramica tanto famosa quanto affollata: la vista è da 10+.

I 120 gradini di Cobà
I 120 gradini di Cobà
I 120 gradini di Cobà
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I 120 gradini di Cobà
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