La bella stagione ti permette di prender aria e sole, ma anche zanzare, polvere e rumori stradali, comodamente seduti o in piedi sul proprio balcone, per chi ce l’ha.
Spesso un tavolino e due sedie sono sufficienti a creare un’atmosfera da piazzetta a Portofino, magari con un corredo di vaschette fiorite di gerani in fiore tutto intorno.
Non sono mai stato a Portofino, che suppongo sia un bel posto (anche se non so se ci vivrei) ma se dovessi immaginarlo lo immaginerei così, tranne i bar con il caffè espresso che si paga con il bonifico o lo sciabordìo placido delle onde contro la chiglia delle barche al molo.
Fatta questa lunga premessa descrittiva degna della pro-loco veniamo all’aspetto relazionale del sorseggiare un bitter la sera o il caffè la mattina seduto al balcone.
La comunità dei “balconati” è composta da una serie variegata di membri con caratteristiche e comportamenti che si ripetono pressapoco uguali in tutte le zone residenziali dotate di questa piccola piattaforma sul nulla.
Il fumatore.
Il fumatore abita il balcone quasi sempre negli stessi momenti della giornata. Il suo volto è tirato, lo sguardo annoiato sul vuoto. Ci sono due varianti: il fumatore compulsivo irrequieto e quello rassegnato. Mentre il primo si muove nervosamente andando avanti e indietro, se il balcone lo permette, il secondo, poggiati i gomiti sul bordo del balcone, si abbandona a lunghe fumate sconsolate riflettendo sul suo ostracismo familiare, infatti è lì perché moglie e figli non vogliono la puzza di fumo in casa e, già frustrato dei limiti dei luoghi pubblici si ritrova vittima della caccia all’untore anche in casa. Sembra guardi giù il passaggio delle auto o delle persone per strada, in realtà il suo sguardo è perso.
Questa categoria di “balconato” ha la sua piccola rivalsa con l’invenzione della sigaretta elettronica anche se i più abituati ormai, anche quella, se la fumano in balcone. Unica vendetta dei più rancorosi è l’utilizzo come posacenere della vaschetta fiorita tanto cara alla moglie.
Il giardiniere/la giardiniera
Il giardiniere o la giardiniera che per brevità d’ora in poi chiameremo “polliceverde” è un patito del balcone lussureggiante. Figlio del mito dei giardini pensili (ma anche un po’ prensili) di Babilonia arreda il proprio balcone o veranda sullo stile della foresta pluviale. Le arborescenze finiscono per invadere tutto lo spazio circostante togliendo spazio vitale e creando il tipico fenomeno del “piscia-piscia” ogni volta che vengono abbondantemente innaffiati gli arbusti con irroratori di varia natura e colore. Il “polliceverde” più evoluto compra ad un prezzo variabile tra i 2 euro e 50 e i 3 euro i gocciolatoi da vaso da montare in bottigliette d’acqua che, messe a testa in giù, torreggiano sopra i vasi svolgendo il duplice ruolo, ormai assodato, di irrigazione e protezione contro l’incontinenza dei gatti.
Il “polliceverde” più raffinato trasforma il suo balcone in un salone di bellezza molto fashion dove si odono sferruzzate leggiadre di cesoie nell’atto di recidere i rami ormai secchi per dare nuova vita alle neonate infiorescenze.
Lo studente pendolo
Lo studente pendolo oscilla lungo la superficie del balcone avanti e indietro con un libro in mano recitando la sua litania. Il tempo del suo operato viene scandito dal numero di “vasche” effettuate. Vista la tipica conformazione e posizione di alcuni palazzi di edilizia popolare non è raro che il vociare studentesco arrivi nelle altre dimore deliziando anche coloro che la scuola l’hanno terminata da un pezzo.
La studentessa (s)costumata
Il balcone spesso in periodo estivo diventa un surrogato della battigia. E’ proprio così, la studentessa alle prese con gli esami della sessione estiva o con il tanto temuto esame di maturità non può perder tempo, la stagione è cominciata. La pelle eburnea chiede a gran voce di diventar bronzea. Non ci si può recare in spiaggia , finiti gli esami e quindi in ritardo rispetto agli altri, bianche come una mozzarella di bufala! Abbandonata l’idea del solarium dove studiare è scomodo e la studentessa, si sa, è anche spiantata e non può permetterselo, non resta che allestire una sorta di stabilimento balneare nella parte soleggiata del balcone.
Basta uno sdraio con spalliera reclinabile, un costume da bagno e qualche accorgimento per evitare il vicino guardone o no, se si vuole sfoggiare il fisico.
Lo stratagemma funziona quasi sempre con l’unica controindicazione, dovuta al fatto che non si gode della brezza marina, e quindi si muore dal caldo e che l’inquinamento atmosferico conferisce l’illusione di essere abbronzati, effetto che svanisce alla prima doccia.
Il telefonatore
Simile al fumatore, il telefonatore da balcone spesso deve la sua presenza all’esterno dell’abitazione per motivi di ostracismo da parte del resto della famiglia o per poter più comodamente parlare con tono di voce sostenuto. Il telefonatore da balcone ottiene così da una parte la possibilità di ritagliarsi uno spazio di privacy nei confronti di orecchie indiscrete all’interno della sua famiglia salvo farsi sentire da tutto il resto del vicinato. Il telefonatore da balcone spesso non ha un vero e proprio motivo per svolgere le sue telefonate all’aria aperta. Il suo comportamento invece spesso è frutto di un vecchio retaggio, di un’abitudine consolidata nel tempo quando negli anni che furono il telefono aveva difficoltà a prendere il campo all’interno e si era costretti, per elemosinare qualche tacca, ad uscire allo scoperto.
Le ciarliere
Tipico fenomeno delle abitazioni con balconi uno di fronte all’altro, mirabile esempio di comunicazione orizzontale, ormai si è sviluppato anche in forma vericale (o quasi): è la chiacchierata da balcone. Per mettere in atto questa abitudine nata nei quartieri popolari ma sviluppata anche nel contesto urbano sono necessarie poche cose: 1 balcone, ma meglio se i balconi sono 2 e uno di fronte all’altro, due persone, una o più persone di cui sparlare. Una volta messi insieme questi ingredienti la pietanza va solo cucinata. La ciarliera da balcone dando, sfogo al proprio diaframma, emette tutto il suo pettegolezzo all’indirizzo del o della ricevente che a sua volta, dal basso se si trova per strada o dal suo balcone se si trova alla stessa altezza, emette in risposta i suoi giudizi sferzanti amplificati dallo straordinario effetto eco, che aumenta quanto più l’abitazione si trova in alto.
Le ciarliere da balcone, pur sapendo che la pratica non è proprio elegante, non riescono a resistere alla tentazione tanto che spesso, iniziando la conversazione con un volume discreto della voce, finiscono man mano che l’argomento prende corpo, a urlare come cornacchie.
Il brico-balconato
Con la diminuzione della superficie utile delle abitazioni e la progressiva scomparsa delle cantine, il balcone diventa in alcuni casi un vero e proprio luogo di lavoro e di supplizio. Luogo di lavoro perché l’homo sapiens tuttofare allestisce in esso un vero e proprio laboratorio per il bricolage con tanto di banco da lavoro e parete attrezzata con la strumentazione. Quasi sempre il tutto si riduce a puro vezzo, visto che raramente si produce qualcosa di apprezzabile.
Luogo di lavor(ett)o quindi ma anche luogo di supplizio per gli altri, i condomini, che devono sorbirsi trapanate, martellate, scartavetrate, piallatte e smerigliate. In caso di incidenti sul lavoro anche imprecazioni più o meno colorite che come unico sollievo hanno la certezza che chi le ha emesse si è fatto male.
Il balcone-camper
Come il camper che giunto sul luogo del campeggio getta l’ancora, dispiega le vele e in un batter d’occhio grazie a tettucci espandibili e verandine diventa una vera e propria villetta a schiera, così il balcone, anzi meglio la veranda, nell’arco di un giorno può passare da scarno terrazzino sul nulla a una vera e propria stanza aggiunta alla casa. La regina dell’allestimento balconico o verandico è la vetrata con gli infissi in alluminio, più o meno sanata poi all’ufficio del catasto del comune.
Il balcone perde quindi la sua funzione di valvola di sfogo verso l’esterno per diventare una stanza aggiunta, quasi sempre adibita a cucinino. C’è una certezza assoluta insita nella soluzione “veranda coperta” che ormai è assodata: appena ci saranno le prime piogge ci gocciolerà dentro.
E poi ci sono io
Che ho messo un tavolino e due sedie, mi guardo intorno e vedo un mondo che da abitatore di casa familiare a piano terra fino ai 35 anni di età si sente a disagio, smarrito, quasi sotto osservazione e si consola pensando “è un’esperienza da fare” per capire veramente la convivenza, per fare un tuffo nell’umanità varia, in quel rettangolo in muratura che sporge sulla facciata della casa e si affaccia sul mondo, sospeso, come i pensieri in equilibrio sul ciglio di un precipizio urbano, come scendono svolazzando leggiadre le piccole gocce di varecchina dal bucato steso della signora di sopra.