La presentazione si è tenuta ieri nella cartolibreria di Flavio Benedet, che se non ci fosse lui a rimpinguare le scorte libresche di S. Stino, dovremmo importarle dall’estero…
Non ho ancora letto il libro dunque mi limito a due appunti.
Intanto Spadotto ci ha fatto notare che se in un gruppo di bambini ci sono i molto bravi e i meno bravi, non è vero che i meno bravi spingano sul freno e che non si debba sottoporli tutti a stimoli linguistici complessi. Al contrario: è stato dimostrato da studi competenti, che gli stimoli complessi fanno diventare i molto bravi ancora più bravi e che allo stesso tempo i meno bravi accorciano le distanze con gli altri.
Mi vengono subito in mente, però, alcune maestre e alcuni genitori che si lamentano di classi dalla composizione mista, in cui i bambini stranieri rallenterebbero i progressi dell’intero gruppo. Che il caso rientri nelle conclusioni di cui sopra o che questa sia solo una scusa, una giustificazione da parte di genitori e insegnanti? Sinceramente, non lo so, ma mi piacerebbe scoprirlo.
Sia Spadotto che alcuni presenti (tra cui molte insegnanti) hanno sottolineato come i bambini ci sorprendano, come a volte siano loro a insegnare a noi.
Io ho il dubbio che la causa delle nostre sorprese di fronte a certe sparate infantili (mio figlio compreso) sia solo frutto della nostra pigrizia mentale.
Mi spiego: prima di prendere l’iniziativa per sottoporre un bambino a stimoli logico-linguistico complessi, noi, per inquadramento mentale e sociale, aspettiamo l’età giusta. La nostra prima reazione davanti alla possibilità di sottoporli alla sfida è il pensiero che siano ancora troppo piccoli. Sbagliato!
Sono convintissima, pur senza aver effettuato studi in materia, ma da semplice mamma, che i bambini di oggi non siano dei geni, solo vengono stimolati molto più che in passato; a volte in modo sbagliato, a volte ancora in modo insufficiente, ma di sicuro di più in ogni generazione che passa.
Dunque basta meravigliarsi e far confronti coi bambini di dieci, venti, cinquant’anni fa! L’umanità evolve passettino dopo passettino, ma ci vogliono gli stimoli, per farlo.
Quello su cui dobbiamo puntare il faro, però, forse oggi sono meno le competenze tecniche, manuali e scientifiche, che già sono oggetto di studi specifici: l’evoluzione dell’umanità ha bisogno anche di moralità e spiritualità non religiosa.
Almeno, io la penso così.