“Come si chiama il tuo lavoro?”, è la prima domanda. “Faccio lavori in acciaio per imbarcazioni, da 24 anni” risponde sorridendo l’uomo. E’ un’intervista insolita. La “giornalista” bambina è la figlia dell’intervistato, un operaio napoletano. E’ un video realizzato, come altri, a cura degli insegnanti di una scuola, l’Istituto Comprensivo 70 Marino, nel rione Santa Rosa di Ponticelli, nella zona orientale di Napoli. E’ un complesso che ospita ragazzi e ragazze, dall’infanzia alle medie. Tutti impegnati da qualche tempo a creare iniziative che hanno un tema comune: “il lavoro”. Non solo video, con i ragazzi che vanno a caccia dei loro genitori per farsi spiegare le loro attività e in qualche modo entrare così anche nel proprio futuro. Alle riprese visibili su Youtube (https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=VTgxnE0jVrc) si sono aggiunti poesie, disegni, opere d’arte.
Un’attività complessa che sfocerà la notte del 30 aprile nella manifestazione nazionale “Il lavoro narrato” promossa da Vincenzo Moretti (Fondazione Di Vittorio) e da altri e che ha trovato adesioni in numerosi centri. Nella scuola napoletana, come spiega la maestra Colomba Punzo, questa vigilia del primo maggio sarà la tappa di un percorso che ha radici lontane e che intende proseguire. Qui, a Ponticelli, come nel resto del Paese, le varie attività hanno subito i colpi della crisi, e molti lavori si sono frammentati, dispersi. Qui si è passati dalla cultura agricola alla cultura industriale, poi, con il terremoto e la ricostruzione “spesso affidata alla malavita”, non si è disperso solo un patrimonio produttivo. L’intento è quello di riallacciare un rapporto, un po’ interrotto, tra scuola e territorio, tra scuola e famiglie. Un modo per combattere fenomeni di disperazione, di sfiducia. Hanno anche redatto un ebook intitolato “Il lavoro è la vita”. Dentro i piccoli alunni hanno disegnato, per ogni pagina, il lavoro del proprio babbo. C’è il progettista di abbigliamento, il capo spedizioniere, il militare, il salumiere l’impiegato, il custode di auto, l’imbianchino, il venditore di pesci rossi. Le didascalie si possono così riassumere: “Il lavoro è faticoso però è bello. E poi non possiamo vivere senza soldi”. Tra le citazioni quella di un Papa, Giovanni Paolo II: “La grandezza del lavoro è all’interno dell’uomo”. Un omaggio alle attività manuali e non manuali, intese non solo come necessario sostegno al reddito, ma come sostegno alla propria vitalità. Così il 30 aprile i piccoli e i non più piccoli, accompagnati dai loro genitori, si troveranno, insieme agli insegnanti, nella scuola. Sarà uno dei tanti momenti di questa significativa “Notte del lavoro narrato” (http://lanottedellavoronarrato.org). L’iniziativa è corsa anche su Twitter (hastag #lavoronarrato) e su Facebook.Donne e uomini di tutte le età sono impegnati a leggere, narrare, ascoltare e cantare storie di lavoro. Tra i tanti incontri da citare quello di Tolmezzo. Qui, negli spazi del “Workcoffee” saranno allestite “Isole del lavoro” con una decina di posti a sedere per ogni “Isola” e i relatori si alterneranno da una’isola all’altra. Tra gli ospiti un project manager del Distretto delle Tecnologie Digitali (Simone Puksic) , un migrante etiope (Tamam Taher), due rappresentanti del progetto “vecchia terra” (Kaspar Nickles - Marina Tolazzi). Nonché molti altri protagonisti di esperienze diverse, alla ricerca di nuovi lavori e nuovi stili di vita. Altre proposte sono rintracciabili a Varese, Piacenza, Milano, Reggio Emilia, Modena, Rovereto, Cogoleto, Busto Garolfo, Bologna.E’la forza di un’esperienza nata con pochi mezzi, spinta da una passione non spenta. Il fatto è che oggi, nei mass media, nelle stanze governative, nei convegni di specialisti, si discute spesso di lavoro ma spesso solo per cercare vie nuove onde rendere precario questa primaria attività dell’essere umano. Qui, in questa notte un po’ romantica, s’intende raccontare, come ha spiegato Vincenzo Moretti, “Il lavoro come motore delle esistenze, ramificazione delle relazioni, rispetto di sé e per gli altri, autonomia, indipendenza”. Nelle tante città e paesi le persone si raccoglieranno (nelle case, nei bar, nei circoli, nelle associazioni) “per sottolineare l’importanza del fare bene le cose, della soddisfazione che si riceve dal lavoro fatto con dignità, qualunque esso sia”. Così si racconterà dei lavori scomparsi. E di quelli che sopravvivono: dai lavori industriali a quelli dell’era digitale. Un viaggio affascinante, ricco di soddisfazioni, ma per molti anche di drammi.