La mostra offre la possibilità di ammirare una sessantina di opere prestate dal Louvre, tra le circa 600 che Napoleone “acquistò” dai Borghese portandosele in Francia.
Il bello di girare con una guida è la sua spiegazione, senza la quale si perde il contesto delle opere esposte e spesso quindi anche la loro essenza, la loro storia.
Il bello di andare con il Prof. Bruschini è la lezione di storia, di arte e di archeologia che accompagna ogni sua visita. Molte sono le chicche che ci ha raccontato. Non avendo il solito taccuino in borsa, alcune me le sono perse. E le altre, quelle che i miei neuroni sono stati in grado di trattenere, ho il piacere di condividerle con i nostri lettori.
Intanto ovviamente nello splendido contenitore che è la galleria Borghese, non potevano certo passare inosservate le opere esposte in permanenza: ad esempio passando davanti al David del Bernini, non si si è potuto certo tirar dritto: quella bocca così concentrata (che, come ha commentato mia Figlia, sembra quella del mio omonimo Figlio quando è impegnato a suonare la chitarra); la sua posa, così simile a quella del discobolo. Ma soprattutto, cosa assolutamente sconosciuta per noi, abbiamo scoperto che il volto del David è un autoritratto del Bernini. Incredibile no? Ma il prof. Bruschini è così con tutte le opere. Ha sempre una perla riservata per ognuna di loro. Per esempio ha immediatamente disconosciuto una statua catalogata come una ninfa: infatti il diadema sulla sua testa non lasciava dubbio alcuno: non poteva che essere Era. Altro che ninfa!
Nell’osservare un vaso ornato con delle maschere scolpite in una specie di bassorilievo, abbiamo appreso un’altra cosa davvero interessante, a proposito del loro utilizzo sia nel teatro greco che romano: la loro utilità derivava essenzialmente dal fatto che gli attori bravi al tempo erano pochi, e la maschera serviva per dar loro modo di interpretare più personaggi. Inoltre fungevano anche da mezzo di amplificazione della voce. La cosa più interessante, però, ma anche più terribile, era che, soprattutto a Roma, il pubblico amava vedere scene cruente. Quindi capitava che la parte di una persona che secondo il copione sarebbe stata uccisa in scena, la facessero interpretare a un prigioniero con la maschera sul volto (e un bavaglio sulla bocca) che sul palcoscenico veniva ucciso veramente. Incredibile. E soprattutto, voi l’avevate mai sentito prima? Io no!
Alcune delle statue in mostra alla galleria sono copie romane di statue greche. Il prof. Bruschini ci ha insegnato a capire quando una copia romana è del II secolo e.v. Le statue greche erano fatte in bronzo, assai più leggere quindi delle loro gemelle romane, riprodotte invece in marmo: ovviamente se una statua raffigurava un personaggio in piedi, alla copia di marmo si doveva necessariamente costruire anche un supporto. Adriano (II sec. e.v.) stabilì che questo doveva essere un semplice appoggio, uno scarno tronco. Quindi quando vediamo una statua di marmo con una specie di tronco come supporto, siamo in grado (perfino noi!!!) di stabilirne la datazione.
Molte delle copie romane antiche presentano dei pezzi inseriti successivamente, a causa di evidenti fratture. Il prof. Bruschini in molti di questi pezzi “posticci” ha riconosciuto l’evidente mano del Bernini. Un’opera d’arte nell’opera d’arte!
E a proposito di interventi del Bernini, da Parigi è arrivato anche il famoso “Ermafrodito dormiente”. Lo scultore in questo caso lo ha impreziosito con uno splendido, morbidissimo, materasso di marmo. Mi ha fatto sorridere… anzi, per la verità mi ha infastidito, l’ubicazione di questa bellissima statua. Posizionata in modo che non vi si potesse girare intorno (e già questo di per sé rivela un grosso errore di allestimento), ma soprattutto in modo che non fosse visibile al pubblico il suo pene. Una pudicizia che oltretutto stonava con l’altra statua presente nella stessa sala, dell’Ermafrodito, cosiddetto stante: una donna che alzando la sua veste rivela uno spudorato, turgido pene!
Naturalmente, lo dicevo all’inizio, non si poteva seguire la mostra prescindendo dalle opere di proprietà del Museo romano: così non si poteva non osservare la precisione del Bernini nel descrivere Enea, Anchise e Ascanio, dove scolpisce con una precisione incredibile, rendendo diverse tra loro perfino la pelle dell’anziano padre di Enea, così vecchia e grinzosa, da quella muscolosa del figlio e da quella paffuta del nipote. Altrettanto attento ai particolari nello scolpire un neo sulla schiena di Ade, e una lacrima che riga le guance di Proserpina nell’opera raffigurante l’omonimo ratto.
Finisco con un’ultima curiosità: il marmo scolpito da Bernini non era di buona qualità. A rivelarlo sono le numerose macchie scure presenti sulle opere, spesso anche dovute a infiltrazioni ferrose. A procurargli questo materiale adulterato, e quindi particolarmente economico, era papa Urbano VIII, che, ne deduciamo, era un papa evidentemente parsimonioso… per non dire tirchio!
Per concludere il nostro itinerario virtuale ringraziamo ancora una volta di cuore il professor Bruschini.
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