“Tutto va ricatturato e riposizionato nella struttura generale della storia, cosicché, malgrado le difficoltà, i fondamentali paradossi e contraddizioni, potremo rispettare l’unità della storia che è anche l’unità della vita”
Fernand Braudel
La regione mediterranea s’identifica assolutamente col corso della storia mondiale: è l’area delle civiltà e degl’imperi, un grande mare geopolitico-geoculturale e geofilosofico destinato a giudicare l’ascesa e la caduta delle potenze mondiali. La regione mediterranea oggi ha qualcosa in più con cui contribuire alla nostra era.
Essere il teatro di una nuova transizione geopolitica alla stabilità multipolare a livello globale, o essere ancora il teatro di un orribile conflitto che getterà la comunità mondiale nel caos? Non si tratta di domande retoriche, poiché sono già potentemente presenti nell’agenda globale. Possiamo ipotizzare alcune risposte, ma non è ancora possibile raggiungere il risultato finale del dilemma.
Da questo punto di vista riassumerò in tre punti l’importanza strategica del Mar Mediterraneo nell’attuale situazione mondiale:
- La regione mediterranea è l’area di concentramento dei nuovi flussi geoeconomici dell’economia globale.
- È l’area di concentramento delle più importanti contraddizioni geopolitiche.
- È l’aurea delle trasformazioni intercontinentali, a carattere sociale, culturale, ecologico, più cruciali al mondo.
Rispettare l’unità della storia ch’è, come dice Braudel, unità della vita, significa valutare le forze combinate di queste tre caratteritiche della regione mediterranea e predire il possibile corso degli eventi. La storicità della situazione attuale si basa su qualcosa di assolutamente nuovo nella storia tradizionale dell’area mediterranea.
Ai giorni nostri viviamo già in una sincronia globale. Allo stesso tempo l’intera regione vive sotto il simultaneo conflitto di tutte le potenze globali dell’economia mondiale; conflitto per l’egemonia sull’energia, sul commercio, sulle posizioni militari, sulle trasformazioni politiche, sui rivolgimenti socio-culturali. Senza dubbio questo conflitto non è tra forze eguali né tra alleanze solide e ovvie. Quest’equilibrio di potenza fluido e caotico rafforza sempre più il carattere unico del valore geopolitico dell’odierno mediterraneo. Perché l’imprevedibile è sempre il terreno della vera storia.
Cos’hanno fatto i BRICS per questo ritorno del Mediterraneo? E per andare un passo oltre, cosa offriranno di nuovo i BRICS per sostenere una vera stabilità, cooperazione e reciproca comprensione tra i paesi della regione, tra le culture della regione, tra le civiltà del mondo mediterraneo? La positiva risposta a questa sfida non sarà generata dalla crescita economica o da effimere vittorie diplomatiche nel campo della politica. Dipenderà da quanto olistico sarà l’intervento dei paesi BRICS sulle questioni regionali, da un punto di vista geostrategico e futuristico. Dal punto di vista dell’identità multipolare della regione.
Il “Mare Nostrum” nel XXI secolo
Qual è l’elemento basilare per l’agenda mediterranea odierna? Chi sarà nella posizione di chiamarlo “Mare Nostrum”? Gli attori tradizionali – UE, USA e Israele – non sono più soli. Nuovi attori stanno emergendo (India, Brasile e Cina) e vecchi riemergendo (Russia e Turchia). Il petrolio e il gas dell’intera regione, le rotte che conducono a essi, modellano la redistribuzione economica dell’equilibrio delle forze. Le trasformazioni politiche e sociali dalla Primavera Araba accelerano la genesi di nuove élites, e ovviamente acutizzano la contraddizione delle società con le loro radici di fronte alla seduzione d’una nuova era democratica. Il recente episodio nella gestione della crisi siriana conferma che il momento multipolare è già un fatto non solo in economia, ma anche nella politica e nella diplomazia internazionali.
Quest’inimmaginabile complessità di fattori e potenze, di reti ed equilibri, di tradizioni e modernità, ha reso impossibile dire chi abbia il diritto di parlare di “Mare Nostrum” quando s’analizza la realtà mediterranea. Le questioni sicurezza, immigrazione, scarsità idrica, diritti umani stanno giungendo a rendere esplosivo l’intero quadro.
Tale situazione non lineare ha molte trappole. È molto pericoloso introdurre confusione nelle teorie e nell’analisi senza stabili riferimenti, senza fondamenta teoretiche. Dovremmo restare freddi per produrre distinzioni e valutazioni circa l’intero sistema di relazioni in corso, e tentare pazientemente di scoprire le tendenze che probabilmente determineranno il futuro della regione, forse il futuro del mondo.
Ciò ci obbliga a notare che nel Mediterraneo possiamo individuare due blocchi di potenze in lotta per l’egemonia regionale: quello transatlantico, che consiste di USA e principali paesi UE, e quello BRICS, con Russia e Cina in posizione di spicco. Tale schema ovviamente non contiene le molteplici potenze regionali come Turchia, Israele, Egitto, che hanno il loro proprio ruolo e autonomia nella regione ma, nel contempo, dipendono dalla contraddizione centrale tra i due blocchi.
Tutti gli scenari mediterranei ipotizzati dagli analisti appartenenti alla prospettiva transatlantica si basano su due approcci. Il primo sostiene che i paesi occidentali dovrebbero sfruttare il mutamento della mappa socio-economica della regione, seguito alle rivolte arabe, dirigendo le nuove élites politiche verso la democrazia di tipo occidentale e l’economia di mercato (mercato fortemente plasmato dalle multinazionali del loro stesso blocco economico). Questo è lo scenario ideale, come dicono, uno scenario da sogno che combinerà la perfetta promozione dell’occidentalizzazione con una relazione pacifica e bilanciata con gli altri competitori nella regione, per esempio i BRICS. Il secondo approccio, lo scenario “infernale” per loro, è il fallimento del suddetto piano generale e l’incontrollabile attrattività dei nuovi attori sulle nuove élites e società della regione.
Questa logica non è preparata a situazioni più sintetiche, a tempi più transitori, a scenari più complessi. E ciò perché tali analisi hanno il compito di proporre azioni alle potenze transatlantiche e non indugiare in conclusioni e teorie. Perché tutto ciò è importante? È importante perché riafferma che la gestione della peculiare iper-complessità del Mediterraneo è connessa a scopi, piani, strategie per il futuro che vogliono plasmare l’attuale fluidità difendendo gl’interessi propri, e avvicinarsi a un nuovo ordine nell’ampia area del Mediterraneo e del Medio Oriente. Questa è la loro defizione di multipolarità ed è molto vicina al vecchio approccio al mondo come arena di dominio.
I BRICS son qui per restare?
Il BRICS è senza dubbio il nuovo attore di questo gioco mediterraneo. La loro presenza ha differenti livelli e dinamiche. Possiamo porre le seguenti distinzioni. L’emergere economico nell’area mediterranea, con Cina, India e Brasile a prendere posizione, ovviamente con la Cina in primo piano. Il riemergere politico-militare, con la Russia quale potenza che esprime assolutamente meglio questo ruolo.
Tale diversità si riflette nelle statistiche economiche del commercio dei paesi mediterranei, nei tassi d’investimento dei BRICS nell’intera area e ovviamente nell’aumento di associazioni, fondazioni e istituti tra i BRICS e la maggioranza dei paesi mediterranei, con la leggera eccezione dei paesi sudeuropei membri dell’UE.
Lo storico ruolo geopolitico e geoculturale della Russia nella regione è senza dubbio la caratteristica che rende tanto più cruciale il riemergere di Mosca. La Russia è la sola potenza tra i BRICS ad avere una precedente esperienza politico-economica coi paesi mediterranei, principalmente in era sovietica, e nel contempo ha legami religiosi e culturali con l’asse balcanico disposto tra Adriatico e Mar Nero.
Le dinamiche economiche della presenza BRICS nel Mediterraneo mostrano che crescerà nel futuro prossimo e coprirà tutte le aree e i rami economici. La globalizzazione del commercio e le nuove tecnologie in combinazione con la storica crisi economica delle strutture transatlantiche (USA e UE) spingono più forte le nuove élites economiche del mondo mediterraneo verso l’abbraccio dei BRICS. Inoltre la politica calma e morbida dei BRICS, con l’approccio di non ingerenza nelle relazioni internazionali, crea un clima di fiducia e rispetto, così importante per i popoli mediterranei, specialmente quelli di Medio Oriente e Nordafrica.
Tali elementi sono sufficienti a dimostrare che i BRICS sono qui per restarci. Una politico di lungo termine ha caratterizzato questi movimenti e ciò significa che la multipolarizzazione dell’intera area è cominciata.
Dovremmo sottolineare che i BRICS non hanno ancora ottenuto un’omogeneità nella loro azione economica regionale, che il livello delle loro partecipazioni negl’investimenti infrastrutturali rimane ancora basso rispetto alle importanti relazioni commerciali, che un’attività bancaria specialmente adattata ai bisogni del sostegno alle economie mediterranea è quasi inesistente o muove i primi passi. Il grado di cooperazione degl’istituti accademici e dei centri di ricerca delle università BRICS con le fondazioni scientifiche e accademiche della zona mediterranea è anche basso e privo di una piattaforma sistematica d’iniziative. Questa è la regola generale, non la realtà assoluta, e certo esistono eccezioni.
La questione riguarda il futuro: quali azioni accompagneranno queste nuove relazioni, quali strategie sosterranno un profondo coordinamento dei BRICS coi paesi mediterranei di modo che l’identità sociale e culturale della regione sia rispettata e connessa su un piede di parità alla comunità internazionale. Il vantaggio competitivo dei BRICS sta nel rispetto della diversità, e questo è qualcosaa di sconosciuto e grandemente importante per il mondo mediterraneo. Il nuovo paradigma di un genuino dialogo di civiltà, d’una connessione e coordinamento delle civiltà, può essere il contributo BRICS all’agenda moderna.
Agli analisti interesserà osservare quanto rapidamente tale paradigma sarà promosso dai BRICS, quali strumenti creati per sostenerlo, quale sarà la risposta mediterranea, e ovviamente come le potenze transatlantiche reagiranno a un possibile BRICS Consensus.
Per concludere con la futurologia
La Geopolitica trae qualcosa dalla Futurologia: le mappe sono semplici carte stradali per un futuro sconosciuto. Lo studio del Mediterraneo è destinato a prendere a prestito da quello del futuro. Società, economia, cultura, religione, ambiente, storia e presente di questa regione sono fattori gravati dalla potenza d’imperi distanti e civiltà radicate. Ciò rende l’analisi della regione mediterranea un esercizio di futurologia, qualcosa sempre al confine tra reale e non ancora reale. Concludere con la futurologia significa prendersi il rischio di presentare qualche idea sulla mappa del Mediterraneo nei prossimi decenni. Immaginare il Mediterraneo come una regione parte di un vasto coordinamento con le civiltà eurasiatica e panafricana, con rispetto a identità nazionale e culturale, e a una zona economica di scambi e relazioni pacifiche.
Ciò significa essere trasformati nel “lago” della cooperazione e sviluppo intercontinentali, un perno del dialogo e del rispetto reciproco nella diversità, nei centri plurali della comunità mondiale, una vasta area di punti d’incontro per un’umanità con identità passate e future. Il futuristico è legato all’utopico, ma ciò non significa che proceda senza un realismo del mondo moderno, che è multipolare. Quest’è un fatto. I BRICS saranno giudicati su ciò: quanto futuro porteranno al mondo moderno?
(Traduzione dall’inglese di Daniele Scalea)