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I bulli non ammazzano quasi mai

Creato il 12 agosto 2013 da Laperonza

 

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Che tipo di società è una società che, alla morte suicida di un bambino di quattordici anni, fa scattare la caccia al colpevole nei suoi coetanei bulli? Che tipo di società è una società che non si interroga sulle proprie responsabilità ma immediatamente si mette a caccia del capro espiatorio? Che tipo di società è una società che non offre supporto, aiuto, dialogo, appoggio ad un bambino di quattordici anni che si sente perduto?

Non sono stati i bulli a far volare il povero ragazzo romano dal balcone. Forse hanno concorso ma non sono stati la causa principale. Un ragazzo, un bambino di quattordici anni che scopre la propria sessualità, ha dei dubbi atroci, non capisce cosa gli accade, ha bisogno di un sostegno. Ha bisogno di una famiglia che lo ascolti ma non solo. Ha bisogno di insegnanti capaci e attenti, ha bisogno di amici. I bulli ci sono sempre stati: sfottono, magari menano, ma non ammazzano quasi mai: buttano solo sale nella ferita che brucia sempre più.

Un ragazzo di quattordici anni ha bisogno di parlare, di essere ascoltato. Dovrebbe farlo la famiglia ma non ha tempo, ha un sacco di problemi, non riesce. Potrebbe farlo la scuola ma i docenti hanno anche loro un sacco di problemi, non hanno la preparazione, spesso non hanno la sensibilità. Gli amici, quelli sì, dovrebbero essere la protezione primaria di un adolescente in ambasce. Ma oggi i ragazzi non si frequentano più. Sono sempre in contatto tra loro, si dice “connessi”. Ma non parlano. Messaggiano ma non comunicano. Non si ascoltano, si sfiorano appena, in un rapporto che è virtuale anche quando si sposta nella vita reale. I bulli? Sono forse l’unica cosa immutata da secoli. Solo che oggi fanno più male, perché non ci sono più protezioni.

Certo, si fa presto a dare la colpa alla società. Ma una società che non si interroga, che non si esamina, che non approfondisce di fronte a tragedie di questo tipo è colpevole. Cerca chi sia stato nella foga di lavarsi la coscienza. Ma non sono stati i bulli. Nossignore.

Luca Craia


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