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La condizionalità degli interventi è necessaria a ottenere l' assenso tedesco e ad alleviare i timori che gli Stati indisciplinati possano usare l' ossigeno che viene dato loro per ritardare le riforme e allentare il rigore di bilancio. La condizionalità ha però un prezzo. Crea incertezze sui tempi e sui modi d' attuazione del programma, sulle responsabilità delle parti e soprattutto sugli effetti politici ed economici di perdita di sovranità degli Stati che si dovranno sottomettere al monitoraggio europeo. L' Italia, che con ogni probabilità dovrà percorrere questa strada, ne sperimenterà presto l' effetto sul suo sistema politico. Ma non c' è solo questo. Il principio della condizionalità sembra contraddire proprio l' analisi su cui l' intervento si basa: se l' Italia paga oggi un tasso di interesse sul suo debito molto più alto rispetto a quello di dieci anni fa, la ragione non è solo il rischio-Italia, ma il rischio sistemico che un' architettura dell' euro incompleta e difettosa ha rivelato in tempi di crisi. L' azione decisa ma condizionale, promessa da Mario Draghi, è il frutto di un compromesso tra anime diverse di un' Europa che non si pensa ancora insieme. Il compromesso è un passo avanti perché dà il tempo di lavorare su altri fronti e in particolare su quello dell' unione bancaria che dovrebbe aiutare a frenare quel processo di rinazionalizzazione dei mercati finanziari che sta distruggendo le basi fondamentali del progetto europeo, rendendo cosi difficile al Sud fare ripartire il credito. Ma non basterà. Per ripartire, l' Europa ha bisogno di innescare un processo di aggiustamento macroeconomico che non sia solo basato sul rigore dei Paesi indebitati. L' aggiustamento deve coinvolgere e responsabilizzare il Nord come il Sud e deve poggiarsi su politiche espansive al Nord che sostengano la ripresa in tutta l' Unione. Allo stesso tempo deve essere permesso un abbattimento graduale del debito. Gli ostacoli alla formulazione di politiche comuni stanno senz' altro negli interessi economici che dividono creditori da debitori, ma anche nella differenza culturale tra un' area conservatrice europea - non solo tedesca - e un' area più progressista che si ispira al modello keynesiano anglosassone. È bene che queste differenze vengano fuori esplicitamente e che accompagnino quel processo politico di maggiore integrazione senza il quale l' Europa non è possibile. Ma, come insegnano gli avvenimenti seguiti alla Prima Guerra Mondiale, i debitori hanno poca voce in capitolo.
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