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I Campi Flegrei./2

Da Leucosia

LA MITOLOGIA NEI CAMPI FLEGREI.

I racconti mitologici, nei quali i Campi Flegrei fanno da scenario, gravitano intorno a tre eroi: Eracle Ulisse ed Enea. Esaminiamo le più note narrazioni, partendo da quelle connesse a Eracle, l’eroe greco per eccellenza, identificato in seguito dai Romani con il loro semidio Ercole. Gli episodi mitici legati alla sua figura, localizzati nel territorio flegreo, sono stati alla base del culto di cui godeva l’eroe sul territorio. Addirittura, nell’antichità si credeva che, nel tempio di Apollo a Cuma, si conservassero le spoglie del cinghiale di Erimanto, la cui cattura era stata oggetto di una delle dodici fatiche sostenute dall’eroe. 

Il mito eracleo nei Campi Flegrei ha per fulcro due episodi: la Gigantomachia, ossia la lotta tra Zeus e i Giganti, che vide Eracle schierarsi a fianco del padre Zeus; la costruzione della via litoranea tra il lago Lucrino e il mare, in occasione del suo passaggio con gli armenti presi a Gerione, altra delle sue dodici fatiche. Circa la Gigantomachia, si è voluto identificare Flegra, la località dove si svolse la mitica battaglia, col territorio cumano. Altre fonti letterarie, invece, identificano Flegra, con una delle tre penisolette (quella di Cassandra) che formano la penisola Calcidica, nella regione greca di Macedonia. Se Flegra, è stata ubicata in due aree così distanti tra loro, è cosa da far risalire alla presenza degli Euboici, in quanto entrambi i territori furono da costoro colonizzati. Infatti, il nome di “penisola Calcidica”, deriva dalla città di Calcide in Eubea che qui stabili colonie nel VII secolo a.C., la stessa città da cui partirono i colonizzatori di Pitecusa (Ischia) e di Cuma, nell’VIII secolo a.C. Si consideri, inoltre, che le caratteristiche geologiche dell’area flegrea, quali le evidenti manifestazioni vulcaniche, fecero sì che i luoghi si prestassero alla localizzazione di un’epica battaglia. A riprova di ciò, in seguito, questi furono appellati Campi Flegrei, anche in relazione agli aspetti vulcanici (phlegràios, “ardenti”). Per giunta, alla Gigantomachia si collega il racconto sul gigante Tifeo che, sconfitto da Zeus, fu da questo sepolto sotto l’isola d’Ischia, mentre il gigante Mimante giacerebbe sotto la vicina Procida. In ultimo, la narrazione sottintende anche i combattimenti tra i colonizzatori greci e le popolazioni indigene (gli Opici). Questa personificazione dei coloni greci nel loro principale eroe ci riporta al secondo episodio mitico: la costruzione della strada litoranea (Via Heraclea), che fungeva anche da diga tra il lago Lucrino, all’epoca di ben più vaste dimensioni, ed il mare. Eracle passa per il territorio flegreo con i buoi rossi sottratti a Gerione, li fa sostare nei pressi di quella che sarà la romana Bauli (Bacoli), il cui etimo si voleva derivasse da boaulia, “stalla”, e costruisce una strada-diga per far passare gli armenti e continuare il suo viaggio di ritorno. Il racconto è, probabilmente, nato all’indomani del rafforzamento della diga naturale, già creatasi per l’azione del mare, e della costruzione su di essa di una strada ad opera dei Cumani, per poter facilmente trasportare lo zolfo e l’allume, prodotti commerciabili, dalla Solfatara al porto di Miseno. Altro eroe greco, frequentatore di queste contrade, fu Odisseo, qui ricordato con il nome latino di Ulisse. Gli autori antichi riferiscono sul passaggio dell’eroe per Ischia, nonché su Baio e Miseno. suoi compagni ed eponimi delle omonime località flegree. La credenza maggiormente radicata sul territorio riguarda la nekya (l’evocazione dei morti a scopo oracolare), descritta nell’XI libro dell’Odissea, che si sarebbe svolta sulle sponde del lago d’Averno. Ancora in età augustea era venerata sulle rive dell’Averno la dea Kalypso, divinità ctonia da mettere in relazione con l’omonima ninfa che ospitò per lungo tempo Ulisse. nel corso del suo peregrinare. t da sostenere l’ipotesi che identifica ì luoghi descritti da Omero in quelli esistenti realmente nell’Epiro greco, quali i fiumi Cocito, Acheronte e Piriflegetonte e il promontorio Chimerion, da cui il nome di Cimmeri dato agli abitanti. Là, presso la città micenea di Efira (presso l’attuale Parga), esisteva anche un santuario oracolare), legato al mondo dei morti. L’arrivo dei coloni greci nei Campi Flegrei avrebbe portato all’identificazione dei luoghi omerici con il lago d’Averno. per molteplici motivi. Per primo, le manifestazioni vulcaniche, all’epoca di certo vistose, che rimandavano ad un paesaggio d’oltretomba, come la presenza di sorgenti termali, associabili ai fiumi infernali. L’assimilazione della geografia di Efira con d’Averno fu favorita anche dalla presenza di un oracolo venerato dalle popolazioni indigene preelleniche, poi identificato da Nevio con una improbabile sibilla Cimmeria. Gli indigeni furono così confusi dai primi coloni egei con gli omerici Cimmeri abitanti in grotte sotterranee conosciute con l’oscuro nome greco di argillai. In seguito, a questo ciclo narrativo si sovrappose quello riguardante Enea,, l’eroe troiano ritenuto capostipite delle genti che fondarono Roma. Così Prochyta, parente di Enea,, fu ritenuta eponima di Procida; Enea,, lo sarebbe stato di Ischia (la romana Aenaria) visitata nel corso del suo peregrinare; Miseno. da compagno di Ulisse. diventò un trombettiere troiano al seguito di Enea,, Non possiamo accennare ai racconti mitici legati alla figura di questo eroe senza fare riferimento al libro VI dell’Eneide, ambientato interamente nei Campi Flegrei. In esso sono descritti ben quattro episodi: la tragica gara tra Miseno. e il dio Tritone; l’arrivo di Dedalo a Cuma; l’incontro di Enea,, con la sibilla Cumana; la discesa all’Averno dell’eroe. Rivolgiamo la nostra attenzione alla Sibilla Cumana; la cui fama perdurò anche dopo l’avvento del cristianesimo. I racconti che l’ hanno per protagonista sono essenzialmente tre: la richiesta ad Apollo di vivere tanti anni quanti granelli di sabbia può contenere un pugno della mano; il suo desiderio di morire dopo essersi ridotta a larva umana, avendo dimenticato di chiedere anche la giovinezza; la sua morte avvenuta quando entrò in contatto con la terra dì Eritre la città dell’Asia Minore dove la Sibilla era nata – posta come sigillo ad una missiva inviatale dai suoi concittadini. Infatti, Apollo le avrebbe accordato l’immortalità a patto di non toccare più il suolo della sua terra d’origine.

Stando al racconto di Strabone (V, 4, 5), che cita Eforo – storico della prima metà del IV a.C. – i  primi abitanti della zona furono i Cimmeri, una popolazione che viveva nel sottosuolo, in case sotterranee, e si sostentava mediante l’attività mineraria e dai proventi dell’oracolo dei morti, situato presso il lago d’Averno[1].

Secondo il racconto omerico, invece la zona  era abitata dai Lestrigoni, esseri giganteschi e feroci, che lanciarono macigni contro le navi di Ulisse.

 Dai fenomeni vulcanici, caratteristici di quest’area, nacque tutta una serie di miti legati all’idea dell’oltretomba: le acque calde che scaturivano dal sottosuolo erano infatti messe in relazione con i fiumi sotterranei dell’Ade, mentre in prossimità del lago d’Averno era situato l’ingresso al regno dei morti.

Flegra è il nome del luogo teatro della mitica battaglia che, localizzato dalla tradizione più antica in Grecia, passa dalla penisola calcidica nella versione cumana a identificare la regione intorno al Cratere,  vale a dire la pianura campana fino al Vesuvio  che viene definita territorio di Cuma.

La ripresa del tema della gigantomachia assume in questo caso valore di propaganda, rispecchiato nella tradizione storica.

Sconfiggendo i Giganti, Eracle funge da eroe civilizzatore della pianura campana, introducendo l’uso dell’agricoltura cerealicola (Diodoro Siculo IV, 21, 5-6): l’eroe funge in questa prospettiva da paradigma mitico della figura di Aristodemo che a sua volta ha liberato la pianura dai Tirreni, barbari assimilati ai Giganti sconfitti da Eracle.

Tali narrazioni ci confermano, quindi, che nel passato, le manifestazioni vulcaniche dei Campi Flegrei dovevano essere molto intense e che questi luoghi erano i più adatti per rappresentare l’immagine dell’inferno.


[1] La menzione è del tutto congruente col racconto omerico : nell’Odissea (XI, 13-9) i Cimmeri vivono ai confini dell’Oceano, presso le case dell’Ade.



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COMMENTI (1)

Da peppe
Inviato il 28 marzo a 12:12
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Interessante l'articolo sulla mitologia nei campi flegrei...complimenti!