E’ un mio problema di uomo lo sfruttamento commerciale e mediatico della bellezza femminile, che indebolisce le donne inchiodandole a stereotipi umilianti
Il punto è che l’oppressione conseguente si estende sia alle donne che agli uomini, sui quali si ritorce lo stereotipo che li vede come esseri capaci solo di dominare e di conquistare. Non dimentichiamoci che banalizzare la donna come preda riduce, al tempo stesso, il ruolo dell’uomo a quello di cacciatore, il cui unico piacere sta nell’ebbrezza della conquista. Non parliamo dunque di “problema di genere”, perché si tratta di una riduzione che non è funzionale alla soluzione dello stesso, ma lavora piuttosto alla sua reiterazione come scontro. Uomini e donne vanno, a mio parere, emancipati da una simile ottica commerciale, perché essa ha degli effetti deleteri sulla vita di ogni essere umano, quotidianamente.
Fornire questa immagine stereotipata della società significa reiterare, ancora una volta, l’immagine del mondo oppresso nella mente di chiunque sia fruitore dei mezzi di comunicazione di massa, che in questo senso sono i principali responsabili della diffusione di questa immagine falsata della realtà. Questo è il motivo per cui la battaglia per l’emancipazione tanto femminile quanto maschile non può essere separata da un’idea che presupponga la liberazione dell’umanità in quanto tale rispetto a quelle dinamiche oppressive nelle quali siamo immersi fin dalla nascita. Coinvolgere gli uomini in quella che per troppo tempo è stata una battaglia esclusivamente femminile vuol dire dimostrare loro come gli obiettivi siano comuni, i quali senza un reciproco aiuto delle parti non possono essere ottenuti. Non donne contro uomini, visti come fonte dell’oppressione, ma uomini e donne insieme contro l’immagine, falsa, che il sistema utilizza per rappresentare la dinamica tra i sessi.
A questo proposito, sarebbe auspicabile che gli uomini stessi si ribellassero contro lo sfruttamento commerciale che è riservato al corpo delle donne: esso implica che l’uomo non sia altro che un burattino, mosso da fili fin troppo noti che decidono i suoi movimenti in modo meccanico. Ancora una volta, si tratta di una battaglia che riguarda l’informazione: solo quando avremo ripulito i mezzi di comunicazione di massa da quella vecchia visione retorica e buonista, la quale vige tutt’ora come apparente condizione necessaria alla trattazione del tema e funziona perfettamente come rimozione di tutti gli argomenti che nella sua trattazione potrebbero risultare sgraditi, potremo dire di aver ottenuto una piccola vittoria. In questo senso, sono contrario a una celebrazione come “il giorno delle donne”, che nella situazione attuale equivale ad un “lasciamo questa giornata alle donne, alle femministe e a chiunque abbia da dire qualcosa di alternativo rispetto al mainstream vigente”. Questa concessione di uno spazio, che si presenta come un generoso passo di apertura, è una neutralizzazione a priori di ogni possibile impulso di emancipazione che in quello spazio potrebbe prendere vita.
Tutti si aspettano che in questo giorno vengano ripetute le solite frasi di comodo sulla questione femminile, che nella loro reiterazione come clichè perdono ogni possibilità di funzionare come una critica effettiva al sistema.