I cavalieri dello zodiaco – La leggenda del Grande Tempio

Creato il 24 gennaio 2015 da Visionnaire @escrivere

Titolo: I cavalieri dello zodiaco – La leggenda del Grande Tempio
Genere: animazione
Regista: Keiichi Sato
Soggetto: Masami Kurumada
Anno: 2015
Durata: 95′

Recensione:

Credo che I cavalieri dello zodiaco siano inevitabili.
Hanno spopolato in tutto il mondo, sono uno dei fumetti più famosi mai scritti e, qui in Italia, ogni due o tre anni Mediaset ripropone la serie animata.
Non si può non inciampare, prima o poi, nei Cavalieri di Atena. Non esiste una generazione, dagli anni ’80 a oggi, che sia tornata a casa da scuola, abbia acceso la tv e non si sia trovata davanti Pegasus e soci. Ci siamo passati tutti.
In più fanno riferimento a una cosa che ogni persona ha, nessuno escluso: un segno zodiacale. È difficile non controllare, almeno una volta nella vita, a quale Cavaliere si è associati. Ci si immedesima, ci si affeziona, è automatico.
Poi ci sono i fanatici come me, che esagerano con la devozione: a dieci anni ho guardato il cartone animato, a quindici ho comprato il fumetto, a venti ho comprato il videogioco, a venticinque ho riletto il fumetto – metti mai dimenticassi qualche passaggio chiave nella trama, e a trenta mi sono fiondata al cinema. Ovviamente.
Per vedere sempre la stessa storia, poi. La prima serie dei fumetti, i cartoni animati e pure il videogioco parlavano delle Dodici Case. Ma vuoi mettere rivedere sempre la stessa storia… in grafica digitale? Imperdibile!
Anche la pubblicità ha puntato molto sull’effetto-ripetizione: la vecchia sigla a fare da sottofondo nei trailer, le voci dei doppiatori storici, le armature del colore originale… ma con l’accattivante aggiunta della tridimensionalità e degli effetti speciali figli del nuovo millennio. Il messaggio sembrava “venite a vedere i Cavalieri che amate tanto, ora sono più belli che mai”. Come non cascarci?

Al massimo, mi dicevo, guarderò due ore di combattimenti. La trama sarà a malapena accennata, tanto la sappiamo a memoria, faranno a botte per tutto il tempo. Ma avrebbe avuto un senso! I Cavalieri, per diventare tali, mica devono passare un concorso statale. Devono farsi male!
Sangue, sudore, esplosioni, ossa che scrocchiano e frammenti di muro che volano ovunque. In digitale. Con la stessa storia di sempre. Questo mi aspettavo.
E ho avuto una feroce delusione.

Il nuovo prodotto di Kurumada ha fatto l’unica cosa che non doveva fare: ha cambiato i personaggi.
Addio ragazzini rancorosi, disillusi, costretti a subire allenamenti che li segnano per tutta la vita, pieni di conflitti interiori; addio Cavalieri che imparano pian piano ad essere amici, a fare squadra, a sacrificarsi l’uno per l’altro; addio al confronto generazionale, all’ardore dei giovani in grado di scalfire le certezze dei maestri; addio percorso fisico e mentale che fa acquisire sempre nuove capacità, i cosmi bruciati, il settimo senso, i colpi più potenti ottenuti arrivando a un passo dalla morte. E addio alla ragazzina fredda, superiore e maestosa, che sa di racchiudere in sé lo spirito di una dea e che, con questo peso sulle spalle fin dalla nascita, deve decidere della vita e della morte dei suoi Cavalieri.
Tutto questo non c’è più. Sparito. Perso.
I Cavalieri presentati ai bambini odierni sono spavaldi, caciaroni, modaioli. In una parola: cool.
Hanno tatuaggi, piercing, treccine perlinate alla Capitan Sparrow. Uno ha gli occhialetti da intellettuale (politically correct?), uno è diventato donna (quote rosa?).
Le loro armature stanno in una collanina, non devono nemmeno fare la fatica di portarle sulle spalle. E quando attivano la collanina ecco che si ricoprono di metallo dalla testa alle caviglie, faccia compresa. Altro che armatura base – giusto un pettorale, uno spallaccio e una ginocchiera – che si rompe, che deve essere riparata con il sangue, che poi si rompe di nuovo, che viene migliorata dopo un’infinità di sganassoni presi sul muso… tutto e subito, ché non c’è tempo da perdere.
Anche nelle Dodici Case non c’è tempo da perdere. Un Cavaliere di bronzo incontra un Cavaliere d’oro? Gli si illumina l’armatura, gli si illuminano gli occhi (!), due tentativi e lo sconfigge.

O lo convince di essere dalla parte del torto con poche parole. Al massimo, come jolly, si gioca la carta Saori (Lady Isabel): una cosettina tremante e piagnucolosa che non ha idea di essere una divinità e deve essere continuamente convinta dai suoi Cavalieri. Una sorta di tenero gattino, con le labbrucce a cuore e gli occhioni luccicosi.

I pochi combattimenti che si vedono sono spettacolari, proprio l’evoluzione che ci si poteva aspettare dalla grafica digitale: effetti luminosi e velocizzazioni in grado di far quasi percepire la devastante potenza dei colpi. Ma sono giusto un paio: la maggior parte degli scontri che portavano avanti la trama sono stati semplicemente saltati.
Alcuni personaggi molto importanti, come Shaka (Virgo) o Ikki (Phoenix), appaiono per cinque minuti, dicono una battuta e spariscono. Aphrodite (Pisces) viene inquadrato una volta e subito scompare, senza dare nemmeno il tempo di capire chi era. Shun (Andromeda) fa a malapena mezzo combattimento, lui che aveva l’armatura più efficace di tutti, l’unica in grado di colpire Saga (Gemini).

L’unica cosa che ho apprezzato, in questo marasma di banalizzazione e semplificazione, è stato il suono delle armature. Finalmente quegli ottanta kg di oro, argento o bronzo che ricoprono un Cavaliere hanno fatto rumore, hanno dato l’impressione di pesare. Ci voleva!
Tutto il resto mi ha lasciato un enorme buco. Là dove prima c’erano dei personaggi grandiosi, difficili, complicati e totalmente positivi ora ci sono degli idol.
Non so cosa rimarrà alle nuove generazioni di questa versione cinematografica, di sicuro non tutto quello che il cartone animato originale ha lasciato – o insegnato – a noi della vecchia generazione. Molto probabilmente i bambini ne saranno soddisfatti, gli “uoooh” che ho sentito in sala sembravano confermare che a loro basta vedere qualche pugno cosmico, qualche dreadlock alla moda e una fanciulla da coccolare.

Non hanno bisogno di chissà quali messaggi nascosti, di chissà quale immedesimazione.
Ma mi consola che almeno uno, tra i piccoli spettatori seduti nella fila davanti, avesse in comune con me una grande insoddisfazione. Lui si è accorto subito che qualcosa è stato dimenticato, perso per strada: il suo Cavaliere, quello della bilancia, non è mai comparso.

  • Bee

    Chi sonoSono una più che trentenne emotiva e compulsiva. Adoro i cartoni animati, perdo troppo tempo in rete. Parlo da sola (anche in pubblico), faccio i crucipixel a penna. Con le persone sono un mezzo disastro, me la cavo meglio con le parole.


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