Di Ruggero Morghen Nel 1814 nasce a Bergamo Clara Maffei Carrara Spinelli, che nel suo salotto milanese raccoglierà le personalità più vivaci e significative del tempo: tra gli altri lo frequenteranno Verdi, Boito e l’Aleardi.
A Como, dov’era nato e dove sempre visse, muore invece Gian Battista Bovio. Poligrafo operosissimo, fu intimamente legato al Foscolo, che ne amò la figlia Francesca e che, forse, trasse ispirazione per i Sepolcri dai suoi Alcuni opuscoli patrii, l’ottavo dei quali dedicato – appunto – ai cimiteri. Bovio auspicava che si provvedesse a nuove sepolture per riguardo alla salute dei cittadini e rispetto alla dignità dei templi.
A Livorno nello stesso anno nasce Giovan Battista Giacomelli, divulgatore della poesia del Porta, del Giusti e del Belli ed egli stesso compositore – in livornese, piemontese e romanesco – inteso a porre in ridicolo alcuni aspetti della vita municipale. Con lo pseudonimo di Eleuterio Peltipolite, Michele Leoni pubblica “Bonaparte e i Francesi”, cui l’anno successivo seguirà la tragedia “Il duca d’Enghien”. A Piacenza esce postumo un volume di Poesie di Nicola Limosino che comprende, tra l’altro, un poemetto eroicomico in sette canti: il Don Chisciotte della Mancia.
A Milano, intanto, esce Il Giornale italiano, che nel giornalismo nazionale rappresenta il momento della stampa compartimentale, sincronizzata su quella di Parigi. E appare il volumetto Leier und Schwert, che raccoglie le canzoni di guerra composte da Theodor Körner, poeta e patriota germanico, durante la campagna di Napoleone (nella quale cadde in battaglia), caratterizzate da un largo successo. Sempre a Milano compra casa – tra via Morone e piazza Belgioioso – Alessandro Manzoni. Lo scrittore alternerà la dimora in città con quella nelle ville di Lesa e Brusuglio.
Caduto il Regno italico, si apre per Melchiorre Gioia un periodo d’intensa attività scientifica, durante il quale compone opere di economia, ma anche studi sociali e filosofici. Del 1814 è la prima edizione delle curiose Memorie dell’avventuriero veneziano Antonio Longo, scritte e pubblicate da lui medesimo per umiltà, ove si traccia un quadro ben definito delle condizioni della Repubblica veneta alla vigilia della sua caduta.
Questo ed altro accadde nel 1814, giusto duecento anni fa.