Magazine Cultura

I chierichetti di Mario Monti

Creato il 15 dicembre 2011 da Casarrubea
I chierichetti di Mario Monti

Mario Monti

Ora che hanno cominciato a operare, i vari membri del governo mostrano la loro vera funzione. Non salvare l’euro e l’Italia, ma tutelare gli interessi che ci stanno dietro. Di banche, di grandi proprietari di immobili e yacth, di fabbriche e imprese, magari con migliaia o centinaia di dipendenti, di grandi evasori del fisco, di padroni di ville sparse per il mondo, di artefici di mercimoni e commerci fatti in nome di Cristo e della Chiesa. O del dio denaro. Questo governo è rappresentato non da tecnici e laici, ma da gesuiti puritani, pronti a obbedire perinde ac cadaver. Dentro ci sono politici e filo clericali, ligi ai richiami delle devozioni religiose, all’odore degli incensi e sensibili alle umane ipocrisie della pietà e commiserazione dei deboli, degli ultimi, quelli ai quali, e a loro soltanto, spetta il paradiso.

A meno che le mie orecchie non abbiano sentito male, ieri abbiamo ascoltato da Bruno Vespa, in una delle sue trasmissioni televisive, in prima serata, che egli, proprietario di una imbarcazione di venti metri, non pagherà una lira per questo lusso, ma che sarebbe ben disposto a mettere mani al portafoglio, se il governo glielo chiedesse. E, come lui, in varie occasioni, abbiamo sentito parecchie altre persone ultramilionarie fare simili affermazioni. Declamano, ma sono sicure del fatto loro. Possono stare tutte tranquille perché questo governo non muoverà un dito oltre la soglia di tollerabilità che il partito di Berlusconi ha stabilito. Già da quando l’ex (si fa per dire) premier, ha ammonito Monti di starsene alla larga dalla patrimoniale, pena una “staccata” di spina. La minaccia, espressa subito dopo la designazione del salvatore dell’Italia da parte del capo dello Stato, è già relegata tra le cose che è bene che l’opinione pubblica non rammenti.

Questo governo è, dunque, l’emanazione del grande fantasma che ci sta dietro. Un pio auspicio di migliori eventi per Napolitano e una congerie di aspirazioni a mantenere la rotta a destra per molte forze e soggetti, a cominciare dal PdL e dalla diffusa società clericale. In Italia e in Europa. Con Bersani che, smesse le vesti del segretario di un partito sedicente di sinistra, fa da chierichetto a tante autorevolezze ecclesiali.

Ma è chiaro che a sollevare l’Italia dalla crisi saranno i pensionati con pensioni al di sopra di mille e quattrocento euro, e i proprietari di prime case, costruite dopo una vita di sacrifici e di stenti. Tutti sotto controllo fiscale. Il resto è nella nebulosa delle cose incerte e, come sempre accade nelle vicende italiote, questo è il regno dei furbi e dei mascalzoni. E meno male che sono intervenuti i sindacati, finalmente rappacificati in uno stesso obiettivo.

Ci voleva proprio inventarsi un governo per un’operazione utile a rastrellare dalle tasche dei soliti noti il necessario per mettere una pezza nei buchi che in sessant’anni di allegre follie sono stati fatti negli indumenti e nella carne dei lavoratori italiani? Adesso sappiamo cosa vuol dire “si sono mangiata l’Italia”. E’ stata svuotata totalmente. L’aggravante non è nell’errore in sé, ma nel perseverare nell’errore. Ricorrere ai lavoratori di ieri e di oggi per risolvere i problemi di tutti. O, della cosiddetta Nazione.

Del resto, oltre alla recessione, alla disoccupazione dilagante, alla mancanza di prospettive per i giovani, al decadimento culturale e dei valori che un tempo costituivano vanto della nostra Nazione, quando ci dicevano che eravamo un popolo di santi, artisti e viaggiatori, è la classe dirigente in quanto tale ad essere decaduta. Mancano non i gaudentes, o gli audentes, tiranni classici e nemici, ma gli uomini che osano, con coraggio, risolvere radicalmente i problemi, in grado di prendere in mano i valori comuni per restituirli alla democrazia da cui provengono. Mancano i politici nel senso buono e alto del termine. Che sappiano essere liberi e autonomi, non servi di nuove signorie.

Nell’Ottocento l’Italia, per farsi Nazione e Stato, affrontò una guerra contro lo Stato pontificio. Quel secolo ci ha insegnato ad essere laici e pluralisti, a badare allo Stato come valore prioritario, ma non unico. Ci ha insegnato a combattere e a costruire la solidarietà, e che il cammino dell’uguaglianza e della libertà è in salita e non può essere concesso dall’alto da nessuno. E’ questa la laicità sottesa alle lotte di liberazione del Novecento, agli ideali e ai miti che il “secolo breve” ha inventato.  Forse abbiamo bisogno di riflettere un po’ prima di risolvere i nostri problemi facendo i conti in modo sbagliato. Da ragionieri.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :