Su Monza scende la patina leggera del tramonto, ultima pennellata di una giornata piena di sole, caldo come a primavera. Mi porto via, come qualcosa da mettere in un piccolo scrigno, una carezza di Alfredo Martini: una carezza, una stretta di mano e quasi nessuna parola. Tutto negli occhi, nei suoi occhi di ciclista saggio. Tutto lì, in quelle pupille che hanno visto la storia del ciclismo e che, oggi, avevano un dolore in più.
Fiorenzo Magni, come ha detto Alfredo, se ne è andato così, come faceva lui, senza dire niente, sorprendendo il gruppo. E si è portato via, con un po’ di malinconia, un pezzo di quel ciclismo genuino, fatto di uomini che avevano biciclette pesanti e le maglie di lana, che correvano perché, con i premi in denaro, dovevano portare a casa il pane. Quel ciclismo che, dopo la guerra, ha portato di nuovo gli italiani sulle strade, a sventolare i fazzoletti, senza la paura che le bombe venissero giù da un momento all’altro. Quello che Fiorenzo continuava a raccontare alla gente, come quei cantastorie che si ascoltano senza fiatare. Come quando su, al suo Ghisallo, un anno fa, parlava di
Alfredo Binda, in occasione dell’inaugurazione del suo busto, accanto ai due grandi
amici – nemici Coppi e Bartali. Ricordava, Fiorenzo, che una volta, durante un tremendo giro di Lombardia, tra l’acqua a catinelle e gelide raffiche di vento, Binda arrivò con mezz’ora di vantaggio sul gruppo, dopo aver bevuto trenta uova fresche. Trenta. Mi ha sempre colpito questo particolare che, nel ciclismo di oggi sembra surreale e, forse, un po’ da leggenda. E forse era surreale anche trovarsi lì, oggi, in Duomo, per salutarlo l’ultima volta, per dirci che quel ragazzotto che pedalò sul pavè con la clavicola fratturata, quell’eroe lì, non era più tra noi. Sì, non è qui, lo dice pure Alfredo Martini: “
Lui non è più qui, è già andato via. E’ già in fuga. Ed è in Paradiso. Perché tutti i ciclisti vanno in Paradiso, anche se nella loro vita hanno combinato qualcosa che non dovevano fare. Vanno tutti in Paradiso per le rinunce, per tutte le loro sofferenze sui pedali.”
Se lo dice lui, Alfredo, che negli occhi ha la saggezza di tutta una vita, deve essere vero. Tutti i ciclisti vanno in Paradiso e allora penso che, oggi, quel sole lì, su Monza, ce l’ha mandato Fiorenzo. Per dirci che la vita è bella, quando si va in bicicletta e si ha il cuore a mille dopo una volata; che sotto il sole si fa fatica ma che, in cima ad una salita, c’è sempre un piccolo pezzetto di Paradiso. O forse anche per avere una piccola scusa per metterci gli occhiali scuri e poter tenere per noi gli occhi lucidi. Ciao, Fiorenzo, e grazie per questo sole, per tutto quello che hai dato al ciclismo e darai ancora ai bambini che non ti conosceranno ma che, ogni volta che vedranno una tua fotografia, diranno: “Quello è Fiorenzo Magni”.