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I cinque passi prima di virtualizzare

Creato il 21 febbraio 2012 da Roccosicilia @roccosicilia

Se tre anni fa (in Italia) virtualizzare sembrava una moda oggi è sicuramente un trend affermato. I tre Big della virtualizzazione (VMware, Citrix Xen e Microsoft) viaggiano a gonfie vele e le loro soluzioni sono sempre più sofisticate e di facile applicazione. Il rovescio della medaglia è costituito dall’esasperazione di questo processo, la pericolosa scelta di virtualizzare dove non è necessario o addirittura non consigliato.

Esiste un interessante documento di VMware che suggerisce cinque riflessioni utili a chi desidera virtualizzare il proprio Datacenter, grande o piccolo che sia. Il documento titola “Five steps to determine when to virtulize your servers” e di seguito ne espongo il sunto.

Step 1: comprendere i benefici della virtualizzazione
I quattro principali benefici della virtualizzazione sono il risparmio di tempo, il risparmio economico, la facilità di gestione e le potenzialità di recovery in caso di disastro. Questi quattro benefici sono ovviamente da rapportare al mondo fisico dove l’ottimizzazione delle risorse hardware è meno versatile e spesso presenta delle diseconomie in quanto ogni server può far girare un sistema operativo, quello installato.

In relazione al risparmio, sia esso di tempo o di moneta sonante, vale la legge dei numeri: gestire un cluster VMware di due nodi costa meno che gestire venti – o più – server fisici. Ovvio che se la nostra infrastruttura comprende un server che fa tre cose, le fa bene da anni, il sistema è solido ed il backup sono a regime… bhe, in questo caso potrebbe aver poco senso virtualizzare il quanto il rapporto costo/beneficio potrebbe risultare poco allettante.

Step 2: valutare la soluzione di virtualizzazione
Il mercato offre differenti soluzioni e modelli di virtualizzazione, i tre brand citati all’inizio offrono la loro interpretazione dei servizi di virtualizzazione e tutti e tre lo fanno molto bene. Io sono un dichiarato fun di VMware ma bisogna considerare il fatto che ogni brand offre qualcosa di unico. Un esempio banale: se il nostro Datacenter comprende e comprenderà sempre server con O.S. di casa Microsoft potrebbe seriamente aver senso utilizzare HyperV.

Al di la del brand va considerato il livello di funzionalità che si richiede alla nostra server farm virtuale. VMware, ad esempio, offre diverse modalità di licensing per diversi livelli di funzionalità, da quella base dove “basta virtualizzare” a quelle Enterprise con funzionalità evolute come l’alta affidabilità la Fault Tollerance ed il DRS.

Step 3: assicurarsi che le applicazioni funzioneranno bene in virtuale
Virtuale non è fisico, ficchiamocelo bene in testa. Aggiungere una stratificazione software porta inevitabilmente a dei costi che, per quanto trascurabili, esistono. Se virtualizziamo male questi costi diventano delle vere e proprie perdite di performance che possono compromettere il servizio.

Quando si valuta una soluzione di virtualizzazione è necessario investire del tempo in analisi per comprendere quali sistemi dovranno girare sullo stesso nodo, quali dovranno condividere lo storage, quali avranno bisogno di risorse garantite e quali invece potranno lavorare tranquillamente best-effort. Esempio: se posizioniamo nello stesso Datastore due sistemi che fanno molto I/O su disco è inevitabile generare una contesa di risorse, sin dall’inizio i due sistemi dovranno essere posizionati su dischi logici e fisici differenti.

Step 4: analisi dei costi
Quanto costa virtualizzare? Come detto poco fa molto dipende dal livello di funzionalità che si desidera, ad ogni modo virtualizzare bene non è gratis e non è affatto detto che tutte le aziende possano permetterselo. Esistono aziende che offrono servizi di virtualizzazione nei propri Datacenter (io lavoro per una di queste) con soluzioni a canone mensile, ma c’è anche chi preferisce (o è vincolato ad) investire in una propria infrastruttura di virtualizzazione.

In questo caso i costi lievitano notevolmente e basta poco per raggiungere i 10.000-15000 euro di infrastruttura. Quindi la questione è: ma mi conviene virtualizzare? Fatevi i conti in tasca, potreste trovare soluzioni meno belle ma altrettanto affini al vostro target.

Step 5: considerare le skills ed il tempo per migrare in virtuale
Per approcciare una migrazione da mondo fisico a mondo virtuale è necessario avere delle skills sul prodotto di virtualizzazione che si è scelto. Se queste skills non le si hanno in casa è ovviamente saggio rivolgersi ad un professionista (ci sono fior di aziende e liberi professionisti stra-certificati che potete contattare).

E’, inoltre, da tener presente che il lavoro di migrazione richiederà dell’operatività che potrebbe durare anche parecchi giorni a seconda della mole di dati. Spesso è utile fare un piano d’azione per effettuare le migrazioni in più step e minimizzare l’impatto sugli utenti dei servizi che si è deciso di virtualizzare.

 

La virtualizzazione è (IMHO) un grande strumento ma non va utilizzato “a caso”, bisogna ponderare bene ogni scelta prima di intraprendere la via del virtuale e trarne effettivi benefici.


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