Sapevatelo.
Ed il fatto che io sia passata al 90% dal libro fisico al digitale, non cambia nulla. Amo andare in libreria, comprare libri e regalarne
cercando di indovinare cosa potrebbe piacere al destinatario del dono.
Così con la scusa del compleanno della figlia di una mia amica, mi sono buttata nella letteratura per ragazzi. Lo so che cosa state
pensando: "Ma che palle, ha sette anni e le regali un libro!"
Ma per me regalare un libro è regalare un piccolo sogno, uno spazio sospeso nel tempo e nello spazio. E poi ci ho aggiunto due smaltini fluo super tamarri di Kiko, lettori di poca fede. So come
farmi amare, io.
Grazie alle commesse sempre gentili e competenti (sì, qualcuna ancora ce n'è) compro due libricini della collana Giunti Junior tra cui "Il paese di Eseap" di Lidia Ravera. Colorati, illustrati ed
accattivanti, spero che possano attrarre l'attenzione di una bimba di sette anni attualmente impegnata con orgoglio e tremore nella difficile missione della seconda elementare.
Poi l'occhio mi è caduto sui classici in edizione semplificata, quelli che nella mia gioventù si chiamavano "Classici per ragazzi" e che
hanno popolato la mia libreria per tutte le elementari. lo ammetto, non ho resistito: ho comprato "Piccole donne" per la figlia dell'Amoremio.
C'ho pensato tanto, perchè non voglio forzarla e vorrei prendesse la lettura non come un obbligo scolastico, ma come un bellissimo passatempo. Ma il messaggio non è così facile da passare. Quand'era piccola nei pomeriggi freddi leggevo per lei Roald Dahl e lei sghignazzava delle avventure di Charlie, si spaventava davanti al GGG e si indignava degli Sporcelli, ma quando ha iniziato le elementari ed è stata in grado di leggere da sola qualcosa è cambiato: le era diventato faticoso leggere.
Pigrizia? Forse.
Parlando con la commessa e chiedendole un parere, da mamma lei non ha potuto far a meno di evidenziare la stessa problematica: anche sua figlia ha avuto il rigetto da elementari.
"Vuoi mettere leggere Cipì? Veniva sonno a me, figurati
a mia figlia!"
Ed in effetti.
Ok, un classico, eh.
Però leggerlo con una bimba di sette anni mi fece pensare all'epoca più ad un esercizio di training autogeno che ad una storia che possa colpire la fantasia.
Così come Gianni Rodari, un mito per me, ma non così adatto ad attrarre l'immaginazione di riottosi ragazzini di terza elementare
cresciuti tra Yu Gi Oh e Violetta, che poi scappano via terrorizzati dal mondo della lettura perdendosi veramente una parte di infanzia bellissima e magica.
Così, ci siamo abbandonate ad una serie di riflessioni amare, ma dettate dall'amore per i libri.
Prima di tutto, l'ovvio: l'Italia è un paese vecchio, muffo, stantia, dove anche i programmi scolastici si adeguano tristemente alla sorte generalizzata dello stivale, manco fosse una barca al naufragio. Vanno bene i classici, massimo rispetto per i classici, ma magari anche non tutto il nuovo è da buttare.
E poi: vista la penuria di lettori mi chiedo se la scuola non sbagli proprio la chiave d'accesso al cervello dei bambini. Da profana non capisco: perché non si può dare come libro da leggere Harry Potter per le vacanze estive ad un bambino di seconda elementare? O qualcosa di Dahl? O di Bianca Pitzorno, per non essere per forza esterofili.
I bambini di oggi sono abituati all'immediatezza, ad assumere storie ed informazioni predigerite in una rincorsa di colori ed app pronte
per l'uso. Sanno usare il telecomando meglio di me, ma non conoscono la parola quattrini, ad esempio. Provate a chiedere.
E' vero devono imparare, ma non avrebbe più senso fargli amare quel che devono fare per forza? Magari non sarà possibile per tutti, ma se in una classe di 25 bambini anche solo 5 imparano ad
amare la lettura sarebbe già moltissimo.
Ma il problema principale è quello di cui sopra: l'Italia è un paese vecchio, che ragiona sempre sul una volta si stava meglio senza cercare mai di capire la realtà attuale.
Questo il mio parere, attendo i vostri da mamme e papà, ma anche da insegnanti.