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«Sono perseguitati», definizione forte quanto chiara quella usata da Papa Francesco, che racconta in modo diretto e sintetico le cronache di quello che sta avvenendo ai cristiani di Mosul – la seconda città più importante dell'Iraq. Tutto ha un nome: Ibrahim Awwad al Badri, o meglio il Califfo Ibrahim, leader dello Stato Islamico che il 29 giugno di quest'anno si è costituito attraverso territori controllati tra Siria e Iraq, dando vita al Califfato.
A Mosul, dopo quasi duemila anni di presenza storica, i cristiani non esistono più: venerdì 18 luglio intorno a mezzogiorno, lo Stato Islamico hanno diramato un editto che ha lasciato ai fedeli di Cristo tre possibilità: convertirsi, pagare esose “tasse di protezione”, morire. La quarta opzione, la via d’uscita, "Andatevene entro 24 ore", è stata quella seguita dai più, che hanno cercato rifugio in Kurdistan, tra gli insulti, i saccheggi e le vessazioni degli uomini del'IS.
La stampa italiana è stata particolarmente sensibilizzata dalle denunce arrivate dagli esponenti della Chiesa nella regione, ma non si tratta – purtroppo – di una novità. È noto ormai, che lo Stato Islamico procede in un'opera di cancellazione, e insieme di propaganda, per sottomettere i cristiani - come le altre minoranze, dagli sciiti agli yazidi. E l'azione, quando va bene si limita alla richiesta del pagamento della Jiziya (la tassa di protezione, prevista per le minoranze etniche dalle antiche leggi islamiche), o alla distruzione di luoghi di culto, chiese, parracchie, biblioteche religiose. Quando va male, invece, porta a esecuzioni pubbliche. E poi le case segnate con la lettera "N", da Nasrani – cristiano in arabo, da Nazareth –, che fanno da scenografia ad abusi, arresti, uccisioni.
Davanti c'è una comunità internazionale inerme – «una vergogna» come l'ha definita il patriarca della Chiesa cattolica sira, Ignace Joseph III Younan. Un'incoerenza, davanti a tanto indignazione mordi e fuggi che caratterizza questi nostri giorni: «i nostri fratelli sono perseguitati, sono cacciati via, devono lasciare le loro case senza avere la possibilità di portare niente» ha detto il Papa nell'angelus del 20 luglio. Tutto questo proprio nei luoghi dove il cristianesimo è presente sin dall'inizio e ha offerto un significativo contributo al bene della società.
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