Poche settimane fa sono stata a Bologna. La mission si divideva tra due cose, la serata Decadence a cui volevo partecipare da tempo, e la mostra su Brueghel a Palazzo Albergati. La notte, e il pomeriggio del giorno seguente. In mattinata, ho visitato per la prima volta il duomo della città, la basilica di San Petronio. E l’ho fatto con un obiettivo preciso. Nonostante l’imponenza dell’edificio – è la sesta chiesa più grande d’Europa – e la ricchezza dei decori, a me non interessava nient’altro se non una cappella affrescata, la cappella Bolognini o cappella dei Magi, sulla sinistra della navata. Nello specifico, all’interno della cappella, non mi interessava nient’altro se non la raffigurazione del Giudizio Universale, con il paradiso e un inferno dominato da un gigantesco Lucifero, in cui compare il profeta Maometto, punito fra gli eretici e, ancora – cosa che più di altre ha colpito la mia curiosità –, c’è qualche interessante reminiscenza del gioco dei tarocchi.
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Gli affreschi delle pareti furono realizzati dal pittore Giovanni da Modena (1379-1455) seguendo le indicazioni che il Bolognini aveva lasciato nel suo testamento nel 1408. Lo schema di rappresentazione del mondo degli inferi si ispira alla Divina commedia, dove le anime sono punite secondo la legge del contrappasso. Il suo inferno può essere visto come un grande condominio, fatto di spazi abbastanza “vivibili”, urbani, in cui ogni dannato è come se avesse a disposizione perlomeno un monolocale dotato di aria condizionata e riscaldamento centralizzati, secondo i casi. Il suo è un inferno a gironi, a piani, dove le colpe e le corrispondenti pene sono graduate dalle meno alle più gravi. Al suo interno, un confine marcato ed evidente, segnato dalle mura ferrigne della città di Dite, separa i colpevoli di «incontenenza», cioè quelli che l’han fatta fuori dal vaso in senso figurato, eccedendo nelle proprie passioni, dai colpevoli di «malizia», ossia la frode, e di «matta bestialitade», ossia la violenza. Ecco allora una sfilata, composta, di eretici, tiranni, omicidi, predoni, suicidi e scialacquatori, bestemmiatori, sodomiti, usurai, ruffiani, seduttori e adulatori, simoniaci, indovini, barattieri, ipocriti e via andando fino ai traditori.
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I punti di contatto coi tarocchi diventano addirittura impressionanti se si guarda alla destra di Lucifero, poco più in alto di Maometto il cui corpo giace solitario ed enorme sopra una roccia. Lì, ci sono due dannati appesi per un piede a un albero, uno di fronte, l’altro di schiena, entrambi con la gamba libera ripiegata ad angolo retto sopra il ginocchio a disegnare una sorta di 4. A sinistra del primo e a destra del secondo una scritta ne dichiara il peccato: «ido/latria». Una seconda scritta, fra i loro corpi, recita «ninusrex» e identifica l’idolatra per eccellenza, il re Nino, fondatore di Ninive, la città in cui più di ogni altra si consumavano riti idolatrici.
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Per andare più a fondo:
Italo Calvino, Il castello dei destini incrociati, 1973
Oswald Wirth, I tarocchi, 1973
Andrea Vitali, Il principe dei tarocchi Francesco Antelminelli Castracani Fibbia, 2013
Alejandro Jodorowsky, La via dei tarocchi, 2004