Secondo gli esperti ogni anno sfuggono ai dati ufficiali sulla pesca circa 32 milioni di tonnellate
Si tratta di quasi un terzo della pesca mondiale.
Questo procedimento mette seriamente a rischio le politiche di conservazione che da anni tentano di arginare l’eccessivo prelievo di pesci dai mari e dagli oceani al fine di garantire il futuro degli stock ittici, già ampiamente sfruttati, talvolta anche al di sopra delle possibilità di riproduzione degli stessi pesci.
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Questo è quanto emerge da uno studio dell’Università della Columbia Britannica, pubblicato su “Nature Communications“. Secondo questo studio negli ultimi sessant’anni i dati sulla pesca sono stati sottostimati, proprio come oggi è sottostimata la sua contrazione.
I ricercatori affermano che ogni anno nel mondo si pescano circa 109 milioni di tonnellate di pesce. Il 30% in più rispetto a quello che viene dichiarato (77 milioni di tonnellate), da più di 200 paesi, alla FAO (Food Agriculture Association of United Nations) nel 2010.
Quel che si deduce è che ogni anno, dunque, circa 32 milioni di tonnellate di pesce pescato non vengano denunciati. Il peso equivale a quello dell’intera popolazione degli USA.
La causa di questa omissione, spiegano gli esperti, è dovuta al fatto che la maggior parte degli stati concentri gli sforzi della raccolta dei dati sulla pesca industriale, escludendo così le categorie più complicate da tracciare come ad esempio la pesca artigianale, quella di sussistenza e quella illegale.
La confusione in merito è rasente all’imbarazzante: secondo la FAO, dal 1996 al 2010 la pesca mondiale è diminuita di 380 mila tonnellate all’anno, mentre per gli studiosi il calo è di 1,2 milioni di tonnellate all’anno, circa il triplo. Ma come è possibile? Questa differenza denota una incapacità di calcolo che potrebbe comportare danni irreversibili al nostro pianeta e al futuro dell’equilibrio geologico.
“Il mondo sta prelevando da un conto bancario comune senza sapere quanto è già stato preso e a quanto ammonta il saldo residuo. Una migliore stima di quanto stiamo pescando può contribuire ad assicurarci che ci sia abbastanza pesce per sostenerci in futuro”
Queste sono le parole di Daniel Pauly, autore dello studio. Sono dunque indispensabili dei dati precisi per valutare e monitorare lo stato di salute dei mari e intervenire con misure quando necessario, nella piena consapevolezza del proprio operato.
S.C.
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