Voglio ritornare sui disordini che si stanno diffondendo a macchia d'olio nel Mediterraneo del sud ed in Medio Oriente. Da noi sono trattati molto di striscio, essendoci vicende decisamente più epocali come le minorenni ed il Festival, ma in questo modo non tutti si stanno rendendo conto di quanto stia accadendo e di quanto la situazione possa essere dirompente. Tuttavia sarebbe bene cominciare a rendersi conto, guardando un po' aldilà dell'entusiasmo naturale per il successo di rivolte ancora almeno apparentemente pacifiche, che in linea di massima, è sempre accaduto che il disordine fosse foriero di un pesante peggioramento di vita per i popoli coinvolti e spesso anche per i loro vicini, per un paio di decenni almeno, prima che le cose ritrovassero un minimo di equilibrio.
Quello che trovo difficile da interpretare è che i movimenti popolari che hanno coinvolto tutti e ripeto, tutti contemporaneamente questi paesi, quasi avessero una regia unica e ben coordinata, risultano invece in palese contraddizione tra di loro, benchè la matrice comune sia l'opposizione a regimi genericamente autoritari. Anche questa richiesta dal basso di democrazia accoppiata alle difficoltà ingenerate dalla crisi economica lasciano perplessi. Al popolo vero della libertà teorica non è mai fregato nulla, rimanendo queste cose appannaggio delle élites intellettutuali che coinvolgono al massimo gli studenti. Ma, mentre in alcuni di questi paesi masse popolari si rivoltano al potere corrotto che privilegia i sodali, in altri sono gli sciiti che spingono contro il potere economico sunnita richiamandosi ad una maggiore ortodossia religiosa, in altri ancora è il laicismo delle classi più erudite che vorrebbe togliere potere ad uno stato teocratico, infine ci sono casi come la Libia di questi giorni dove prevalgono motivi più squisitamente tribali con divisioni ataviche tra aree del paese lasciate nel limbo a causa proprio di queste appartenenze. Questo paese è davvero strano in effetti e ci è sempre parso come privo di problemi economici. Ci è così vicino, ma lo conosciamo davvero pochissimo. Pensate che questo è l'unico paese dove è stato mio padre al di fuori dei confini italiani. Ce lo avevano mandato soldato, quando era stata inventata la quarta sponda, credo un paio d'anni nel 38 e nel 39, speditoci col vapore a presidiare l'impero.
Niente guerra d'Africa quindi, per sua fortuna non dovette mai sparare un colpo, posto che avesse pallottole nel ferro vecchio che gli avevano dato in mano, ma vita grama nel deserto roccioso di Tobruk e della Cirenaica. Mi parlava di interminabili giorni a languire tra caldo e mancanza di acqua, nelle perenni necessità pratiche dell'Italiano che nella sua storia è sempre stato abbandonato a sé stesso ad arrangiarsi, privo di supporto e di logistica. Cimici e dissenteria, brande di telo in tende strappate e buche nella sabbia come sanitari, uova che cuocevano su piastre roventi al sole, la vita di tutti i giorni. Pochissimi i contatti con i locali, semplicemente perché non se ne vedevano proprio. Un paese deserto nel deserto, apparentemente inutile di cui nessuno capiva ancora le potenzialità, dove rimanere a guardia di una fortezza Bastiani che nessuno voleva, per giorni infiniti col moschetto in mano, sufficiente solo a fare qualche tronfia foto di rito con baionetta al fianco. Si portò a casa soltanto un casco coloniale che ancora rammento da bambino e che non ho più ritrovato. Gli unici ricordi, i datteri dolcissimi, un po' poco per eccitare la mia fantasia e qualche piccola foto ingiallita (mio padre è quello in basso). Così è finita che nonostante la mia curiosità endemica che mi ha portato in quasi 90 paesi del mondo a cercare di capire cosa c'è nella testa degli uomini, senza naturalmente averne neppure la minima cognizione, non sono mai stato nell'unico posto che ha visto mio padre. Ho paura che, data la situazione, questa figurina mi mancherà ancora per parecchio tempo.
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