I debiti del teatro Lirico
Scrive Vito Biolchini il 30 giugno 2011
Il Teatro Lirico di Cagliari ha debiti per la bellezza di 25 milioni di euro. La cifra è emersa questo pomeriggio nel corso del primo Consiglio di Amministrazione a cui ha partecipato il neo sindaco, Massimo Zedda, per legge presidente della Fondazione Teatro Lirico. Una bella sorpresina, non c’è che dire, anche se la drammaticità della situazione era evidente da tempo.
Da dove arrivano questi debiti? E’ semplice: sono il lascito degli splendidi e scriteriati sette anni di gestione del sovrintendente Mauro Meli. Dal 1996 al 2003, sette stagioni straordinarie, uniche, giustamente magnificate dalla stampa di mezz’Europa e soprattutto dall’Unione Sarda: che però sui bilanci non si è mai fatta troppe domande, anzi.
Meli è stato un vero intoccabile. Perché era sostenuto dalla destra dei sindaci Delogu ed Emilio Floris, ma anche dalla sinistra, che in quella poltrona lo aveva piazzato per uno strano caso del destino.
Nel 1996 infatti c’era ancora l’Ente Lirico e il sovrintendente veniva eletto dal Consiglio comunale di via Roma. La destra si divise e il candidato dell’area Ds la spuntò. Ma Meli non ci mise molto a mettersi d’accordo con Delogu.
Che la gestione del maestro non fosse del tutto oculata, lo raccontava con una certa insistenza La Nuova Sardegna. Ma a Cagliari si legge solo l’Unione, e il Grande Formato per il trio Meli-Delogu-Floris ha sempre preferito far suonare le grancasse. Così come la sinistra cittadina e nazionale, sempre pronta a “coprire” politicamente il maestro.
Anche quando Meli faceva nascere il Consorzio turistico Golfo degli Angeli (una scatola vuota), o quando ideava lo stravolgimento dell’Anfiteatro romano (“Sarà l’Arena di Verona del sud”), devastato dalla gradinata in legno, e che per solo un anno (il 2000) ha ospitato le opere liriche. Dall’anno seguente, il bilancio della Fondazione era già talmente compromesso che la stagione estiva si tenne nella sala di via Sant’Alenixedda. E la sinistra ha sempre taciuto.
Meli ci ha messo del suo, eccome; ma il centrodestra sardo non è stato da meno, nominando nel cda della Fondazione consiglieri da brivido, resisi famosi per incompetenza.
La ciliegina sulla torta l’ha messa invece Renato Soru quando indicò quale rappresentante della Regione nel cda del Lirico nientemeno che il costruttore Gualtiero Cualbu. Salvo poi chiederne comicamente la revoca dopo l’apertura del contenzioso su Tuvixeddu. Ovviamente Cualbu la spuntò e oggi è ancora lì. E perché Soru lo avesse nominato è un mistero per tutti.
Dopo Meli è arrivato il maestro Pietrantonio, e il sindaco Floris gli ha fatto fare quello che ha voluto, disinteressandosi totalmente delle sorti del Lirico. I debiti lasciati da Meli non si sono ridotti, anzi sono cresciuti (anche se di poco). Emilietto è tornato alla realtà appena prima di terminare il suo mandato, complice anche una crisi esasperata dai tagli alla cultura del governo Berlusconi.
Per capire il clima di questi ultimi mesi (culminati nella lunga battaglia degli artisti del Lirico e della loro occupazione del teatro), vi ricordo solo che, secondo le cronache, uno degli ultimi direttori amministrativi del Teatro, Vincenzo Caldo, prima di lasciare l’incarico si è barricato nel suo ufficio e ha iniziato a bruciare documenti: chissà se è vero o è solo una leggenda metropolitana mai smentita.
Ed eccoci dunque ai giorni nostri, a fare ancora i conti con la gestione dissennata del maestro Meli, coperta politicamente da destra e da sinistra, e con un consigliere di amministrazione espresso dal Comune di Cagliari, Giorgio Baggiani, nominato da Floris pochi giorni prima del ballottaggio che ha visto trionfare Zedda. Che schifo. Baggiani, perché non ti dimetti?
Comunque da domani immagino ci sarà una gara per emulare La Nuova Sardegna e raccontare gli indimenticabili anni di Meli, Delogu, Floris e Pietrantonio alla guida del Teatro cagliaritano. O no?