Salutiamo la nostra camera al Bellagio, ultima colazione a Las Vegas e ci rimettiamo in marcia, imbocchiamo la I-15 direzione Nord, in programma abbiamo due tappe in una sola giornata, la prima è lo Zion National Park a circa 270 km da Las Vegas.
Il paesaggio che ci si presenta durante questa tappa varierà incredibilmente, arrivando dal desertico habitat della Città dove tutto può accadere ci troviamo di fronte degli ammassi rocciosi imponenti, ai lati della statale troviamo spesso dei grandi parcheggi con aree picnic e bagni liberi, segno di una grande civiltà e rispetto dei propri territori, notiamo delle caverne durante il tragitto e una brochure dei Rangers accenna al fatto che anticamente erano abitate da Indiani Pelle Rossa della zona (non ricordo la tribù).

Durante il percorso ci siamo fermati due o tre volte per qualche foto e per osservare il paesaggio che la natura ci ha lasciato, non sono sicuro ma credo di aver visto delle Poiane ed un Aquila Reale.
Silver ci porta fuori dal tunnel e dal parco, svoltiamo sulla US-89, la strada è un continuo sali e scendi, curve e piccoli paesi e come in un classico episodio di Hazard, alla fine di una discesa molto ripida, si trova il cartello dell’inizio della cittadina con limite velocità a 25 mph , appena dietro un display elettronico che indica la mia velocità e appena dietro… l’auto dello sceriffo girata per avere le spalle a chi scende la collina e pronta a partire all’inseguimento!
Scampata la multa dallo Sceriffo Rosco decidiamo di trovare un luogo per mangiare, la fame comincia a sentirsi, il primo paesino che incontriamo è Orderville. Parcheggiamo Silver e raggiungiamo a piedi l’unico posto che sembrava fornire cibo, una specie di latteria, entriamo e sulla soglia della cucina c’è una donna in piedi che lecca lentamente, molto lentamente un cucchiaino e mi osserva, ha un acconciatura che ricorda la Signora Canningan di Happy Days, in effetti questo posto sembra uscito dagli anni 50. Mi inquieta, mi giro e mia moglie mi fa: “Roby tieni il motore acceso, prendo quello che ci serve e fuggiamo prima che ci taglino a pezzi e ci trasformino nel famoso Sformato di Molly” un brivido mi corre sulla schiena poi scoppiamo a ridere e ci sediamo, una ragazza un pò nerd ci viene a salutare e ci porta il menù, alla fine ci ritroviamo a mangiare un sandwich, un insalata e delle patatine in sacchetto. Caffè ed ospitalità ottima.

Sembrava di stare su Marte, salivamo lungo dei pendii che parevano usciti dai documentari del National Geografic sulle esplorazioni spaziali, le nostre scarpe erano piene di polvere rossa ed in cima a quel canyon lo scenario che ci si prospettava era veramente surreale, l’erosione ha lasciato l’essenza delle roccie, fragili pinnacoli che paiono appoggiati lì e non il risultato di centinaia d’anni di lavoro del vento e dell’acqua.
Risaliamo in auto e finalmente siamo alla fine della giornata, quasi il tramonto, superiamo il lodge che ci ospiterà per la notte e proseguiamo per il Bryce Canyon National Park, qui scopriamo che il Red Canyon era solo un assaggio di quanto ci si sarebbe prospettato.
Troviamo un grande parcheggio, bagni e pannelli dei Rangers che forniscono informazioni sulle ere geologiche, l’erosione, etc. però non vediamo i picchi del canyon, forse nascosti dal fitto bosco in cui si trova il parcheggio, per cui seguiamo i sentieri indicati.
All’improvviso il bosco termina e davanti a noi c’è una lunghissima ringhiera che corre lungo un perimetro indefinito, ci avviciniamo ed è un vero schiaffo alle nostre anime. Il Bryce Canyon con tutto il suo splendore si presenta ai nostri piedi. Non ci eravamo accordi che la strada percorsa ci aveva portato in altitudine per cui ora eravamo sulla commità del canyon che si apriva davanti a noi in tutta la sua mistica atmosfera.

Decidiamo di scendere e seguire gli altri turisti-esploratori, così passo dopo passo ci addentriamo nelle viscere del Bryce Canyon, gli hoodoos, i pinnacoli generati dall’erosione della neve, diventano colonne attorno a noi, sono talmente tanti che il tutto pare una foresta pietrificata, un luogo magico, non si fa fatica a capire come mai nelle religioni delle tribù dei pelle rossa la natura avesse un peso centrale.

In silenzio ci allontaniamo, un ultimo sguardo voltandoci per salutare questo luogo che ci è entrato nel cuore.
Sulla strada del ritorno incrociamo un gruppo di Antilocapre che attraversano la strada, ci fermiamo a fargli delle foto e poi stanchi morti raggiungiamo il Ruby’s Inn e Bryce View Lodge, dove troviamo accoglienza perfetta, un market inaspettatamente ampio che ci cattura, compriamo un nuovo lotto di cibo per microonde e stavolta l’esperienza ha pagato, cena discreta e poi serata in lavanderia a gettoni dove si fanno incontri decisamente curiosi!