Passata l’ottava posizione della settimana scorsa, la settima torna nel mondo del giornalismo. La persona di cui vi parlerò oggi ce la ritroviamo in televisione di frequente, sempre ben armato di dialettica su qualche tema di attualità.
Passo indietro.
Visitiamo il sito dell’università IULM, dove insegna “Etica ed economia” ed “Etica dei media”. Lo IULM mi ha sempre incuriosito, se fosse per la pubblicità penseremmo di trovarci di fronte a una specie di Harvard italiana della comunicazione, tale la forza d’investimento sulla promozione che c’è da rimanere scioccati: nei giornali, nelle televisioni, nelle radio. Insomma, il signore in questione si occupa a livello accademico di etica e affini. Si veda il curriculum, intriso di ricerche sull’etica… Dopo essersi laureato in filosofia, ha lavorato presso l’Institut International Jacques Maritain e nel 1988 entra in Fininvest Comunicazioni, fino al 1993. Nel 1994 ha scritto il primo programma politico di Forza Italia e fra il ‘94 e il ‘97 è stato il direttore dell’ufficio studi nazionale di Forza Italia. Ho letto il programma del corso che tiene allo IULM, pensare nomi come Sen o Rawls in bocca a questo personaggio mi ha scatenato un brivido alla schiena, se non altro per l’affetto che provo verso i due giganti sopraccitati.
In un suo vecchio articolo, datato 22 marzo 2011, si legge:
“In giro per il mondo si assiste ad un paradosso: vengono ridotti e tagliati i fondi per l’educazione classica a favore di quella scientifica e tecnologica ma le imprese si orientano - ormai da tempo - nella ricerca ed assunzione di management che abbia formazione classica. Uno scientismo e un tecnologismo pressappochista fanno presupporre che per lo sviluppo economico siano tanto essenziali le componenti scientifiche della formazione quanto poco importanti ed utili le componenti umanistiche e soprattutto classiche. Come a dire che nella società e nei mercati globalizzati si riesce a rimanere solo aumentando il Pil e per ottenere questo risultato l’istruzione deve essere indirizzata, fin dagli inizi del percorso scolastico, lontana dalla classicità e vicina alle materie utili per il lavoro. Per fare profitto le humanities non servono, sono superflue e spesso inutili o anche dannose perché distolgono dall’obiettivo principale.
Un errore madornale che può costare molto alla società nel suo complesso, alla democrazia e non ultimo proprio al mercato. In un certo senso potremmo dire: chi di profitto ferisce di profitto perisce”.
Sono anni che si va decantando i medesimi versi, sarebbe ora di dire basta, o meglio, sarebbe ora che i finti intellettuali la piantassero una buona volta di ripetersi. L’abbiamo capito, c’è chi è convinto che conti solo la scienza e chi, al contrario, tifa per la cultura umanistica (due categorie che in ogni caso cozzano con visioni più integrate fra loro), ma basta, che si metta il punto a questa diatriba oramai anacronistica.
Il finto intellettuale Paolo Del Debbio conduce anche una trasmissione televisiva, Mattino Cinque, assieme a Federica Panicucci, nella quale dispensa consigli sui più disparati temi della contemporaneità. Ho avuto l’onore di ascoltarlo in alcune occasioni, da un docente universitario mi aspetterei non certo la perfezione, ma una propensione all’analisi critica, soprattutto se i suoi cavalli di battaglia sono l’etica e i rapporti con l’economia, invece una sequela di posizioni apodittiche, senza motivazioni con fonti accertabili, tutto dato per scontato, per ovvio, per sicuro. E non entro neppure nel discorso che lo scontato, l’ovvio e il sicuro sono stati e sono nelle scelte e nelle azioni del Governo attuale, perché Del Debbio è da sempre un berlusconiano convinto (anche quando lo critica con una carezza che neppure una piuma ne percepirebbe la vicinanza epidermica).Fate una prova un giorno, ascoltatelo con attenzione a Mattino Cinque, spero per voi che non lo incontriate in uno dei suoi ragionamenti sulla presenza dell’islam in Italia perché c’è da rabbrividire, gli è cara l’associazione islam/terrorismo, oppure quando parla dei dati del Pil e dell’industria italiana o della disoccupazione, insomma quando parla di dati economici dà il meglio, producendo interpretazioni che non possiedono né capo né coda.
Mi chiedo quando lo penso se ha mai letto interamente l’Etica Nicomachea di Aristotele, gli sarebbe utile, forse.
Alla prossima.