L’ultimo numero di Decanter regala un inserto dedicato all’Italia: dalla Toscana alla Sicilia, celebriamo il più diverso paese vinicolo europeo. In uno dei primi aricoli dell’inserto il bravo Ian d’Agata ci parle dei vitigni autoctoni oppure nativi. Un vitigno per essere considerato “nativo” deve documentare la propria presenza nel suolo italico almeno da mille o duemila anni. Possono risultare come processo di domesticazione delle specie selvatiche, come nel caso del Sangiovese, oppure importate da altri popoli come nel caso dell’Aglianco, proveniente dalla Grecia.
Quello che mi interessa di questo articolo è quando Ian parla delle 10 varietà native che vale la pena cercare, e trovare.
1) BELLONE
E’ un’uva autoctona del Lazio , soprattutto della provincia di Roma. Già famoso nella Roma Imperiale, regala vini secchi con un’ottima densità e complessità con sentori di miele e frutti tropicali. Ottimo anche come vendemmia tardiva oppure in effervescente. La sua riscoperta è un’ottima news per il Lazio.
2) CODA DI VOLPE
Potenzialmente uno dei più grandi e migliori vini bianchi d’Italia; come il Fiano, il Greco e la falanghina anch’esso proviene dalla Campania. Gia citata da Plinio il Vecchio nella sua ” Naturalis Historia“, il nome deriva dalla caratteristica forma del grappolo che ricorda la coda di volpe. Coltivata prevalentemente in Irpinia, nel Beneventano e sulle pendici del Vesuvio. Può essere più minerale se proviene da zone come Irpinia oppure Vesuvio. Naturalmente esiste anche la Coda di Volpe rossa.
3) FUMIN
E’ un’uva nativa della Valle d’Aosta ed è in continua progressione come superficie vitata. Spesso è usata in assemblaggio con altri vitigni come il Petit Rouge. E’ considerata come il vitigno rosso di futuro maggior successo grazie alle sue caratteristiche di ottima freschezza e nobili tannini. Vino da invecchiamento si presta molto bene all’utilizzo delle botti in legno.
4) GRECHETTO
Proveniente dall’Umbria ma originario, come fa capire il nome , della Grecia. Lo conosciamo in quanto vitigno più importante nella composizione dell’Orvieto. Recenti studi hanno provato che dovrebbe fare parte della famiglia del Trebbiano di cui fa parte anche il Pignoletto e la Ribolla Riminese. Dunque completamente diversa dal Grechetto del nord est del Lazio. E’ presente in molte DOc della Toscana e dell’Umbria. Si pensa che fosse coltivata già ai tempi degli etruschi, essendo ben resistenete alle varie malattie. Ricco in struttura .
5) GRIGNOLINO
Un vino del Piemonte che in questi ultimi tempi era stato dimenticato me che mai è passato di moda. Uva rossa che sta tornando prepotentemente alla ribalta grazie alla sua alta acidità, colore leggero, tannini robusto che lo propongono come un vino di media struttura ideale per le esigenze moderne. Grignolino d’Asti è più leggero e più floreale rispetto al Grignolino del Monferrato.
6) NOSIOLA
Vitigno a bacca bianca coltivato in Trentino, specialmente nella zona di Toblino, di Lavis e dei laghi. Ultimamente è in declino grazie alle sue difficolta di allevamento e di crescita. Si utilizza nella preparazione del Vino Santo del Trentino dove la Nosiola viene fatta appassire su graticci. Meraviglioso e fresco, note di mela verde, floreali, intensa nocciola che in parte spiega il significato del nome: nocciola=nosiola
7) NURAGUS
Sicuramente è uno dei primi vitigni introdotti in Sardegna, probabilmente dai navigatori Fenici. Vitigno molto resistente e di alta produttivita. Note di mela verde, floreale, sapido enote di agrumi. La DOC Nuragus di Cagliari risale al 1975.
8) PECORINO
Un vero e recente successo oggi testimoniato dalle diverse aziende che producono un vino che 10 anni fa era veramente difficile da trovare. E’ coltvato nelle marche ed in Abruzzo. Un vitigno che preferisce i siti collinari freschi ed elevati e che in passato fu abbandonato a causa delle rese molto basse. Note di ginestra, cannella e renetta unite a liquirizia.
9 e 10 ) RIBOLLA GIALLA E SCHIOPETTINO
Tutte e due i vitigni provengono dal Friuli. Lo Schiopettino è un vitigno rosso che produce un vino di medio corpo, con un’ottima acidità e tannini leggeri. Come aromi ricorda la frutta de4l sottobosco come il lampone selvatico, la mora , le piccole fragoline di bosco. Quando invecchia si trovano accenni di muschio.
La Ribolla Gialla è un vitigno a bacca bianca che viene prodotto sia come fermo che come effervescente; alcuni produttori lo trattano come un vino rosso prediligendo un lungo contatto con le bucce. La ribolla è al top quando ci regala note vive di freschezza con aromi di limone, pepe bianco.
Bravo a Ian per avere riportato nel mondo vecchie vitigni autoctoni italiani, che hanno fatto lastoria della nostra nazione. Da buon ligure dovrei dire che il Rossese è stato dimenticato.