L’etichetta “Disastri di una blogger imperfetta” nasce per caso, per riflessioni personali di carattere generale, che ho voglia di condividere con i miei followers per far capire loro che cosa significa essere una blogger, le scelte che prendo e l’etica che seguo ogni giorno per il mio lavoro sul mio piccolo angolo di web. Ci tengo a sottolineare che sono solo MIE OPINIONI, che possono essere più o meno condivisibili, ma che spiegano perché sul blog seguo una certa linea. A volte potranno anche essere riflessioni più generali, ma pur sempre legate al mondo dei lit-blog.
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Come sempre, quando apro un nuovo post di questa sgangherata rubrica, ci tengo a precisare, che sono solo le mie opinioni, condivisibili o meno, che voglio regalarvi qui. Adoro scrivere post a carattere generale, perché mi permettono di trattare argomenti che mi stanno a cuore.
Era da un po’ che mi vorticava nel cervello l’idea, poi ultimamente ho letto diversi articoli sull’argomento e ho deciso di scriverne uno anche io. Credo che sia importante tenere desta l’attenzione su un qualcosa che ancora non si conosce appieno, di cui non si conoscono ancora tutte le potenzialità. Si fa presto a riempirsi la bocca di parole, ma poi all’atto pratico il tanto agognato cambiamento non è ancora arrivato. Credo che tutto sia cominciato (relativamente agli ultimi giorni) ad un articolo di Mara Roberti su Rosa per Caso che tra le altre cose ho anche interpretato male, dal titolo “Ebook: È cambiato tutto perché non cambiasse niente?” che prendeva spunto dalla classifica Amazon dei romanzi rosa e notava un certo ricorrere della stessa tipologia di romanzi, edulcorati dalla carta, e impilati nella vetrina di uno dei più grandi store online.
Un libro è un libro qualsiasi sia il suo formato. E penso che questo sia assodato, ne avevo già parlato anche qui. Il digitale è un qualcosa di ancora così poco sfruttato, di così poco conosciuto, che non si riesce a renderlo ancora veramente competitivo. Non avete idea di quante persone vedo che no, io leggo solo in cartaceo, ma non è neanche questo il vero punto. Quello che fa la differenza è il fatto che le case editrici tradizionali continuano a immettere sul mercato proposte da prezzi esorbitanti (ebook a 12 euro quando ci posso comprare una brossura). E poi l'appiattimento dell'offerta parte proprio dalle CE che una volta che hanno scovato “la gallina dalle uova d'oro” la ricercano in tutti i formati simili (e da un certo punto di vista fanno anche bene che devono vendere). Quella delle mode è una delle piaghe del nostro tempo editoriale, quella serialità che porta a vedere campeggiare sugli scaffali, reali o virtuali, libri fotocopia. Da Harry Potter in poi, con l’arrivo di Twilight, la ricerca del filone più redditizio è una corsa all’ultimo libro.
Ma il digitale ha aperto le porte a tutti e tutti, anche chi ha poco o niente da dire, può gettare le sue parole nella fibra ottica. L'annoso problema rimane e non sta nel digitale in quanto digitale, sta nell'offerta proposta, sta in scelte sbagliate di marketing. Ed è vero che l’utenza che fruisce del digitale è diversa, e si rispecchia nei cosiddetti lettori forti, in quelli che leggono praticamente anche sotto la doccia o mentre cucinano, o ritirano il bucato, a chi non ha più spazio in casa, a chi viaggia, a chi fa il pendolare, a chi vuole la praticità e la quantità sempre a portata di zampa.