Gli schemi maladattivi sono costituiti da convinzioni e assunzioni. Le prime sono affermazioni incondizionate sul sé e il mondo come: “Sono un perdente”, “sono una persona di poco valore”, “sono un debole”. “sono un essere inferiore”. Le assunzioni, invece, rappresentano connessioni tra eventi esterni e le opinioni della persona stessa, come: “se mi faccio vedere ansioso, le altre persone penseranno che sono un debole”, “avere pensieri negativi significa essere persone negative”, “sintomi fisici poco chiari sono solitamente segni di una malattia molto grave”, “se non riesco a controllare il mio stato d’ansia sono un completo fallimento”.
Premessa di base delle teorie cognitive intorno ai disturbi d’ansia è che si tratti di una disfunzione legata all’interpretazione personale dei singoli eventi. I comportamenti connessi a tale interpretazione personale contribuiscono a mantenere e implementare il problema emozionale e, dunque, il disturbo stesso.L’approccio di Ellis (1962) fonda sul principio secondo il quale i pensieri irrazionali sono la fonte del disturbo e delle sue conseguenze comportamentali. I pensiero irrazionali consistono in imperativi (“devo”), comandi e presupposti che portano ad elaborazioni illogiche a disturbi emotivi.
Ellis afferma: “Una persona deve essere perfettamente competente per essere considerata meritevole; deve essere amata e rispettata dalla maggioranza degli individui della comunità in cui vive”. Tali credenze predispongono a reazioni emotive negative e, poiché tali credenze sono spesso rinforzate dalla società e dalle convinzioni personali nonché avere una base ereditaria, vanno sicuramente sfidate nelle sedute psicoterapeutiche.Beck (1967, 1976) afferma che ansia e depressione si accompagnano a vere e proprie distorsioni del pensiero. Un tale processo disfunzionale si manifesta con un flusso di pensieri automatici negativi che riflettono le convinzioni e le assunzioni che le sottendono e che sono immagazzinate nella memoria della persona. Convinzioni e assunzioni che divengono rappresentazioni stabili della conoscenza personale chiamati “schemi”.Nel momento in cui tali schemi sono attivati influiscono con l’elaborazione delle informazioni, modellano le loro interpretazioni e condizionano il comportamento conseguente. Anche se il comportamento e il pensiero dell’individuo del soggetto ansioso può essere irrazionale deriva sicuramente da logiche e convinzioni realmente esistenti. I difetti di elaborazione delle informazioni nei disturbi emotivi, si riverberano nelle credenze, nelle distorsioni cognitive e nei pensieri automatici negativi del paziente.
Nel disturbo d’ansia, il difetto dell’elaborazione delle informazioni che causa la vulnerabilità e la persistenza dell’ansia stessa, può essere sia una preoccupazione o “fissazione” sul concetto di pericolo, sia una sottovalutazione delle capacità individuali di farvi fronte.La tematica del pericolo è quella che è sempre presente negli schemi ansiosi così come nei pensieri automatici negativi.La sovrastima del pericolo così come la sottostima della capacità di farvi fronte, attivano i cosiddetti “schemi di pericolo”: attraverso questa attivazione, le persone con disturbo d’ansia, vivono la realtà esterna come estremamente pericolosa e il proprio sé come estremamente vulnerabile e incapace a fronteggiare tutto ciò.Nel momento in cui è attivata la valutazione del pericolo si innesca un circolo vizioso che va a rinforzare, a sua volta, le stesse manifestazioni ansiose. Gli stessi sintomi, infatti, sono fortemente minacciosi: possono condizionare il comportamento della persona ed essere, nel contempo, interpretati come segnali d’allarme per la presenza di un disturbo fisico o psicologico.Tali effetti non fanno altro che accrescere il senso di vulnerabilità e impotenza dell’individuo rinforzando, di conseguenza, la reazione ansiosa iniziale – e anzi, motivandola – inducendo a risposte disfunzionali che, a loro volta, esasperano ancora di più la valutazione del pericolo.
D.ssa DGhisu