Irène Némirovsky scrisse I falò dell’autunno tra il 1941 e il 1942, ma il romanzo uscì postumo in Francia solo nel 1957 per le Éditions Denoël. È l’ultima opera data alle stampe dalla scrittrice di Kiev prima del lungo silenzio editoriale che finirà nel 2004 quando uscirà Suite francese (sempre per Denoël).
In questo romanzo diviso in tre parti (lo si potrebbe considerare anche una trilogia breve) la Némirovsky affronta con decisione il tema della guerra e dei suoi effetti sui corpi e sulle anime degli esseri umani, concetti forti che le riempiono cuore e mente.
La sua è una scrittura vivace, spigliata, intelligente, ricca di stile. I protagonisti nella pagina sono personaggi della piccola borghesia francese che vivono in un arco di tempo che va dalla Grande Guerra fino agli anni della pace poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
“Sedute sulle seggioline di ferro, le famiglie contemplavano deliziate i principi stranieri, i milionari, le grandi cortigiane. La signora Humbert schizzava febbrilmente nuove idee per i cappelli su un taccuino che aveva tirato fuori dalla borsetta. I bambini sgranavano gli occhi, ammiravano. Gli adulti si sentivano in pace, soddisfatti, per niente invidiosi ma anzi fieri di sé: «In cambio dei due soldi per le sedie e di un biglietto del métro, noi parigini possiamo vedere tutto ciò e goderne. E siamo non solo spettatori di questa rappresentazione, ma anche attori (se pur umili comparse), con le nostre figlie graziosamente agghindate, i loro freschi cappellini, la nostra parlantina, la nostra leggendaria allegria. Avremmo potuto nascere altrove, dopo tutto,» pensavano i parigini «in paesi dove la gente si emoziona a vedere gli Champs-Élysées anche soltanto su una cartolina».”
Una scrittura magnifica che anima il quotidiano di significati inattesi e affronta dinamiche complesse con notevole capacità di analisi catturando immagini rapide e precise che spalancano interi mondi in una sorta di invisibile incantamento.
“Tiepide raffiche di pioggia investivano Parigi da occidente. Si fermarono sotto un portone per ripararsi. Thérèse non sapeva bene cosa stesse facendo; seguiva Bernard come in sogno, docile e affascinata Immaginava vagamente quello che sarebbe venuto dopo: complimenti, parole d’amore… Mio Dio, lui avrebbe cercato di fare di lei la sua amante… Non le avrebbe dato tregua. Le avrebbe scritto. L’avrebbe aspettata per strada. Ma lei sarebbe stata forte e avrebbe saputo difendersi così bene che un giorno lui si sarebbe arreso e le avrebbe chiesto di sposarlo. Sì, in un lampo, nell’ombra di quel portone, ascoltando il rumore della pioggia nella via, lei immaginò tutta una lunga vita felice…”
Irène Némirovsky, I falò dell’autunno, traduzione di Laura Frausin Guarino, gli Adelphi, Adelphi 2016.